Archive for febbraio 2010

To serve and protect

febbraio 27, 2010

Salve a tutti, questo post stavo per scriverlo alle 5 del mattino, ma sono riuscito circa a dormire fino ad ora.

Alle quattro di notte la cerebrolesa padrona di casa brasiliana ha pensato bene di avere una festa. Si, una festa, alle quattro di notte. Aveva invitato una serie di suoi amici brasiliani e hanno cominciato a fare un chiasso indiavolato, parlando, urlando, sghignazzando e simili.

Ho lanciato un urlaccio condito con svariati epiteti italiani per significare il fatto che mi avessero svegliato: hanno interrotto i loro casini per non più di 5 secondi prima di tornare a fregarsene completamente.

In preda alla rabbia ho preso il telefono, ho aspettato un po’ per avere la lucidità di parlare e ho chiamato, perchè trovo inconcepibile che uno possa pensare che alle 4 di notte vada bene fare un chiasso così. Di fronte alle mie non pacate ma ferme rimostranze, mi sono sentito rispondere che lei “ha diritto ogni tanto a fare una festa” e che quindi non la smette.

A quel punto visto non la cooperatività della sopracitata deficiente, non ho potuto fare altro che passare alle minacce dirette: o la smettete subito, o chiamo la polizia, ne ho avuto abbastanza. In uno slancio di ulteriore imbecillità mi sono ovviamente sentito rispondere che potevo fare quello che mi pare ma che lei comunque non avrebbe smesso.

Sono piuttosto convinto che la risposta sia stata dettata un po’ dalla rabbia (mettiamoci nei suoi panni: tu sei un imbecille che di vita civile evidentemente non sa nulla, quel rompiscatole del piano di sotto ti chiama per rovinarti la festa, non ti girano?) un po’ dalla fasulla convinzione che fosse un bluff semplicemente per rinforzare il concetto.

Cara mia, hai chiamato il bluff sbagliato e quindi ora paghi. E’ finita che le ho sbattuto il telefono in faccia augurandole la buona notte, ho aspettato qualche secondo e vincendo la mia naturale avversione per le telefonate (credo di averla presa da mio padre) ho composto l’unico numero presente automaticamente in tutte le rubriche norvegesi: Politi.

Mi risponde il centralino del pronto intervento dopo pochi secondi dove una poliziotta che fa da “filtro” ascolta il mio problema, che ho posto con grandissima chiarezza e civiltà: “La mia vicina di casa sta facendo un baccano indiavolato, l’ho chiamata e lei ha detto che si rifiuta di smettere perchè è un suo diritto fare una festa alle 4 di notte.”. La poliziotta mi mette subito di buon umore perchè la sua risposta è un secco “Ma non direi proprio che è un suo diritto.” e mi spiega che per questa cosa mi deve passare il comando centrale di Oslo perchè è dà lì che governano le pattuglie.

Le ho chiesto per puro scrupolo come vengono gestiti gli schiamazzi qui a Oslo ed ecco la risposta, testuale: “Innanzitutto le parliamo oppure le mandiamo una macchina, per vedere se continua a non cooperare. Se non coopera, le tagliamo la corrente.”

Lascio a voi i commenti :D.

La gentile poliziotta mi informa che purtroppo c’è una discreta coda per il comando centrale ma a me non importa, a questo punto voglio giustizia, aspetterò.

Non so bene quanto ho aspettato in attesa che qualcuno mi rispondesse dal comando di Oslo, forse venti minuti, forse di più, non saprei dire. Mi risponde un poliziotto che bofonchia che parla un po’ di inglese. Non abbiamo avuto alcun problema a capirci, ho detto a lui esattamente le stesse cose che ho detto alla sua collega e la sua prima reazione è stata quella di farsi dare il numero di telefono: “Adesso la chiamo e vediamo. Se non collabora le mando una macchina sotto casa e poi vediamo.”. Completamente stordito dalla notte rovinata mi trascino verso il pc e trovo il numero di telefono, il poliziotto devo dire deve attendere un po’ ma gentilmente aspetta senza irritarsi.

La telefonata finisce, ringrazio per l’assistenza e il poliziotto mi rassicura dicendo che non c’è problema e non c’è nulla di cui preoccuparsi, ci pensano loro.

Dopo un paio di minuti, sento la cretina sbraitare al telefono con qualcuno in norvegese, mi sa che il poliziotto bofonchiante sta facendo il lavoro che le mie tasse pagano: sento un gran fuggi fuggi… e arriva la quiete all’alba delle cinque.

Ormai la notte è guastata e non credo di essere riuscito a dormire più di un paio d’ore extra (complice mia madre che mi ha chiamato alle 8, pare che l’abbia inavvertitamente chiamata alle 4, si è preoccupata e quindi via di telefonata mattutina…), ma non importa è un altro giorno.

A commento di tutto questo io resto allibito di fronte a quella che penso sia una differenza culturale. La demente viene dal Brasile, paese di cui so poco nulla ma da quanto mi dice suo marito, ogni volta che lui va lì è sempre così, ovvero la gente è abituata a fare il baccano più incredibile a qualsiasi ora del giorno e della notte. Non facciamo una generalizzazione, diciamo pure che lei e la sua famiglia sia abituata a tutto questo. Ma dopo anni che sei in Norvegia, non ti sei resa conto che qui non funziona così? Mi sono sentito dire che lei vuole farsi la sua vita e non gliene frega niente di me, benissimo la cosa è vicendevole e ci mancherebbe, ma non è assolutamente ovvio che tu non sei sola sulla Terra ma ci sono gli altri attorno a te? Non è, per usare un termine illuministico, naturale pensare che tutto ciò che fai, ogni diritto che ritieni di avere, termina dove comincia quello altrui? E’ un concetto automatico solo per noi europei? Io credo di no.

Saluti di oggi al distretto centrale della polizia di Oslo per avermi aiutato a riaffermare la civiltà.

PS: Non so se l’ho detto ma il 15 gennaio ho dato la disdetta dell’affitto. Il 15 aprile lascio questa pessima casa, avrei dovuto farlo molto tempo fa.

Future Film Festival 2010!

febbraio 18, 2010

Salve a tutti,

scusate il ritardo ma sono parecchio impegnato in questo ultimo periodo, è circa un mese che si lavora 12+ ore al giorno e ho molte novità in ballo che per ora non posso scrivere sul blog. Nonostante la grande quantità di lavoro, sono rientrato in italia qualche giorno per assistere all’annuale immancabile appuntamento con il Future Film Festival.

Non ho molto tempo per scrivere il report quest’anno, perciò cominciamo subito…

Il festival si apre in maniera placida, vado a ritirare il pass da Shogun Sostenitore, porto a casa tutti i gadget collegati allo shogunato e comincio a fare il piano delle proiezioni. Il sempre valido Cesare quest’anno ha condiviso con tutti gli Shogun il suo schema dettagliatissimo pronto all’uso che permette di incastrare automaticamente tutte le proiezioni in una unica panoramica utilissima. Io continuo a essere fedele alle vecchie pratiche, ovvero prendere un programma e scarabocchiarlo in maniera invereconda per incastrare tutti gli eventi.

La prima reazione che ho, vedendo il programma, è che per la prima volta nella storia del festival c’è una sola sala riservata alle proiezioni che non siano corti, ovvero il Teatro Duse. Sapevo che quest’anno c’erano stati problemi di budget, ma non mi aspettavo una cosa così ristretta. “Poco male”, ho pensato, dopotutto il Duse è vicino a casa, alla fin fine poco importa.

Les Lascars – di Emmanuel Klotz, Albert Pereira-Lazaro, Francia 2009

5/5 – Atmosfera urban, combriccola di “sfigati”, mille risate

Lungometraggio basato sulla serie francese Lascars che dipinge la vita “puro stile west coast” di un gruppetto di giovani che vivono in qualche banlieu indefinita. Gli eventi e i personaggi sono assolutamente classici per questo tipo di produzioni (qualcuno ricorda qualche anno fa The District, produzione ungherese? divertentissimo anche quello): i protagonisti sono due imbecilli, si mettono nei guai con qualche capetto locale che stranamente è un energumeno sanguinario, tutti i loro amici pensano che siano delle mezzeseghe, uno dei due si innamora di una donna irraggiungibile di estrazione sociale completamente diversa.

Ebbene, nonostante gli elementi del mix siano completamente classici per il genere, la realizzazione è divertente, ha un ritmo fantastico che fa passare più di un’ora e mezza di film con grande spensieratezza e soprattutto ammazza il pubblico dalle risate. Eccezionale caso di passaggio di successo dalla serie tv al lungometraggio.

Panique au village – di Stephane Aubier, Vincent Patar, Belgio 2009

2/5 – Soporifero collage scombinato di cortometraggi

Ancora non riesco a capacitarmi di come abbia fatto a vincere il Platinum Grand Prize che è il premio principale del FFF2010, ma non posso fare altro che adeguarmi. Panique au village è un lungometraggio tratto da una serie di corti che hanno per protagonista un cavallo, un indiano e un cowboy, tutti quanti soldatini animati in stop motion. I primi venti minuti del film passano devo dire assai lietamente (motivo per cui è un 2/5), ma ben presto il tedio soppianta ogni tipo di risata. La trama è un insieme scombinato e confuso di pretesti debolissimi per collegare una serie di gag probabilmente provenienti dai corti… e non funziona per nulla.

Lezione di cinematografia di oggi: se hai una buona serie di corti e ottieni il lungometraggio semplicemente incollandoli in sequenza, non ottieni un buon film.

The Hole 3D – di Joe Dante, USA, 2009

3/5 – Teen thriller in cui l’uso del 3D è sostanzialmente ininfluente.

Proiezione d’apertura del festival è The Hole in 3D, il nuovo thriller adolescenziale di Joe Dante. Una famiglia in fuga dal padre violento si rifugia in un paesino. Nella nuova casa trovano una botola sigillata che ospita oscuri segreti. Ovviamente la curiosità dei ragazzi di casa porterà all’apertura della misteriosa botola con il conseguente riversamento nel mondo reale delle peggiori paure di ognuno.

Senza infamia nè lode, ampiamente godibile e ben fatto, anche se il 3D non aggiunge pressochè nulla all’esperienza.

Otra Pelicula de huevos y un pollo – di Gabriel & Rodolfo Riva Palacio Alatriste, Messico, 2009

3/5 – Banale

Ecco un’altra pellicola sulle divertenti uova messicane. Le uova sono tornate e questa volta se la devono vedere con un malefico uovo stregone che per creare una pozione incredibilmente potente ha bisogno di un pollo giovane e perfetto, ovvero il protagonista. Una volta identificata la sua vittima, lo stregone prepara un esercito di uova zombie e di scorpioni assassini per cercare di catturarlo, ovviamente senza successo.

La tecnica è la stessa del primo film, però perso l’effetto novità di quest’ultimo, è solo una storiellina sconvolgentemente banale. Non si prende un due solo perchè il personaggio Pancetta è stupendo.

Yona Yona Penguin – di Rintaro, Giappone, 2009

3/5 – Didattico

Cosa può succedere a una ragazzina che vaga per la città di notte con indosso un costume da pinguino che le ha regalato il padre scomparso? Ma è ovvio, verrà scambiata per il leggendario uccello senza ali e portata in un mondo fantastico in cui il signore delle tenebre vuole conquistare il mondo!

Colorata storia per bambini giapponesi, tramite una trama semplice lo spettatore viene esposto a molti concetti shintoisti, rendendo questo lungometraggio un momento di istruzione divertente. Senza troppe pretese, molto ben realizzato, sicuramente un bel lavoro.

First Squad: The moment of truth – di Yoshiharu Ashino, Misha Shprits, Aljosha Klimov, Giappone/Russia, 2009

3/5 – Vero o falso?

Frutto di una inconsueta cooperazione tra Giappone e Russia, questo anime racconta la storia di speciali agenti ESP al servizio dell’armata rossa. La rappresentazione è ovviamente ultrafantastica (tra gli agenti abbiamo le tipiche ragazzine russe armate di katana) ma ciò che rende il tutto interessante è la costante presenza di interviste a psicologi, storici e sopravvissuti di guerra o presunti tali che commentano gli eventi dell’anime ricordando l’ossessione non solo nazista riguardo l’occulto e il paranormale.

Non sono andato a fondo nella questione perciò non so se sia tutto vero oppure no, però senz’altro è interessante.

Goemon, di Kazuaki Kiriya, Giappone, 2009

4/5 – “Ci davano dei soldi solo se facevamo un film su Nobunaga, allora ce lo abbiamo incollato alla fine”(TM)

Filmone in costume di una classicità esuberante uscito nelle sale giapponesi nel 2009. Viene narrata la storia di Goemon, ladro guerriero che ruba dalle casse dei ricchi per donare ai poveri e non per nulla chiamato il Robin Hood giapponese. Non c’è una Lady Marion qui, nè un re lontano che partecipa alle crociate, c’è però una sanguinaria lotta di potere che porterà il celebre Nobunaga a diventare il primo imperatore del Giappone a portare la pace per anni.

La storia è solo un pretesto per una quantità di botte eccezionali e nonostante molti dialoghi siano imbarazzantemente banali o ridicoli (“La bellissima Chacha” ha fatto ridere più di qualcuno in sala), il film soddisfa la fame di schiaffoni e spadate di quest’anno in maniera più che buona.

Il team dietro il film è lo stesso di Kyashan che tuttavia mi era piaciuto molto meno, specie per le scelte di regia particolarmente brutte che rendevano le scene d’azione incomprensibili. Fortunatamente quelle scelte non sono state ripetute in Goemon.

McDull, Kung Fu Kindergarten, di Brian Tse, Hong Kong/Cina/Giappone, 2009

2/5 – Dimenticabile

McDull è un maialino di Hong Kong che non è buono a nulla, ma fa della sua totale incapacità un punto di forza (comico). Il primo film dedicato al maialino era altalenante in quanto a qualità: alcune parti erano ben studiate, altre un tedio totale. Il secondo film era letale nella sua bruttezza. Il terzo era un piccolo capolavoro (recuperate report precedenti!). Mi aspettavo quindi qualcosa di almeno decente del quarto, quantomeno per avere una gamma completa di valutazioni.

Purtroppo mi sono trovato di fronte a un bellissimo film sponsorizzato dalla fondazione cinematografica di stato, con coinvolgenti spot sulla culla della civiltà cinese (il fiume giallo per intenderci), la storia del Kung Fu e simili marchette paragovernative. Difficile dire se sia stato l’effetto di qualche ricatto nei termini di “o ci fate una marchetta oppure non vi facciamo neanche uscire nei cinema” ma i richiami a Hong Kong sono quasi completamente scomparsi (si vede forse in due inquadrature) e tutto quello che succede è che McDull va in un convento-scuola elementare che ha integrato l’insegnamento classico col Kung Fu. Le speranze volano altissime all’arrivo dei primi riferimenti alla Tigre e il Dragone, ma purtroppo queste stesse speranze si frantumano precipitando al suolo quando si scopre che non erano altro che quattro battute gettate allo sbaraglio.

Grande delusione.

In the Attic: Who has a birthday today? – di Jiri Barta, Repubblica Ceca / Slovacchia / Giappone, 2009

3/5 – Stop motion economica che parafrasa la liberazione dal comunismo oppressivo

In una soffitta polverosa tutto è animato quando gli uomini non sono in giro: una bella bambola è bramata dal busto di un politico ?russo? che muove le sue legioni di esseri luridi per appropriarsi della ambita compagna. Quando questa viene rapita e imprigionata, gli amici della bambola affronteranno il pericolosissimo viaggio “verso le montagne” (ovvero gli scaffali più lontani, oltre la linea del bucato) per salvarla. Tralasciando la trama, la vera storia che più di qualcuno ha visto dietro questo film in stop motion è una parafrasi della caduta del comunismo a opera di persone di buona volontà e ideali democratici. In questo senso, piuttosto apprezzabile.

Under the Mountain, di Jonathan King, Nuova Zelanda, 2009

2/5 – Teen thriller con risata assicurata

Teen thriller #4878273 sui superuomini mostruosi che si stanno risvegliando per conquistare la Terra dopo milioni di anni di sonno. Gli unici che possono salvare la situazione sono due gemelli che possono comunicare tra di loro telepaticamente e che per questo motivo possono brandire degli anonimi sassolini imbevuti del potere di superuomini extraterrestri capaci di manipolare il fuoco.

Storia banale e anche questa, come McDull, probabilmente inquinata da un sacco di marchette governative (imperdibile la panoramica di Auckland…) ma il film è involontariamente comico a causa del DEVASTANTE accento neozelandese di pressochè tutti gli attori. Per chi non sapesse com’è l’accento neozelandese, vi suggerisco come simularlo: parlate in inglese, ma ogni volta che pronunciate la lettera “e” inglese sostituitela con la “i” italiana. Immaginatevi una scena drammatica parlata tutta così: risate garantite.

Making of di Avatar, con Joe Letteri di Weta Digital

Strepitoso incontro con Joe Letteri che ci ha presentato il making of di Avatar, spiegandoci i misteri del motion capture “made in Weta” e come il film sia stato realizzato quasi completamente in digitale. Scriverò magari sul blog qualcosa di più, ma è stato un incontro veramente interessante anche perchè gran parte delle tecniche usate sono molto simili a quelle che usiamo noi nella game industry.

Edison & Leo, di Neil Burns, Canada, 2008

5/5 – Thomas Edison, genio, pazzo, paranoico

Momenti di grandissime risate grazie a questo capolavoro canadese. Sapevate che Thomas Edison aveva un figlio capace di emettere scariche elettriche? E sapevate che Thomas Edison rubava artefatti in giro per il mondo per il solo gusto di possederli? E sapevate che facendo questo si era fatto nemici in ogni parte del globo? No? Allora dovete vedere Edison & Leo!

Stop motion in plastilina tradizionale in stile Wallace & Gromit se vogliamo, comico dall’inizio alla fine, consigliato senza riserve.

Bumba Atomika – di Senesi Michele, Italia, 2008

5/5 – La chicca del festival

Mentre io ero al cinema a vedermi Avatar (dato che tutti l’avevano visto e io no, ho pensato di rimediare), mi sono perso questo enorme capolavoro. Questo il succo del film: come si fa a fare dei soldi? Semplice, vendendo cadaveri! Stando alle parole di Cesare, “passati i primi venti minuti di ribrezzo, il film diventa un fuori scala che lo trasforma in un capolavoro stupendo che rimarrà per sempre nei nostri cuori”.

20th Century Boys Chapter 2 & 3, di Yukihiko Tsutsumi, Giappone, 2009

3/5 – Declino continuo per una bella storia che non esalta

Eccoci di fronte a una delle imprese più massacranti del festival, la proiezione in sequenza dei due restanti capitoli di 20th Century Boys, trasposizione cinematografica dell’omonimo fumetto. La storia si può riassumere così: un gruppo di bambini scrive un libro di profezie, i bambini crescono ma uno di loro è rancoroso e comincia a farle avverare. Purtroppo per la Terra, le profezie sono quasi tutte catastrofiche e l’Amico, questo il nome che il rancoroso vendicatore assume, non si fa scrupoli a sacrificare le vite di tutti pur di far parte del gioco cominciato da bambini.

La serie si chiude in maniera perfetta non lasciando aperto nessun filone di trama, tuttavia non può che rimanere l’amaro in bocca per la soluzione alquanto scontata del finale. Ci si trova di fronte a un delitto della stanza chiusa in cui i colpevoli possono essere solo ed esclusivamente Gianni, Franco o Pino e si scopre che il colpevole è OVVIAMENTE Antonio come si poteva capire da questi facilissimi indizi.

Bello ma poco convincente, ci si aspetta costantemente di più, ma questo più non arriva.

Oblivion Island: Haruka and the Magic Mirror, di Shinsuke Sato, Giappone, 2009

5/5 – Coloratissimo e con un orsacchiotto di nome Cotton

Sono ancora scandalizzato dal fatto che quella sbobba soporifera di Panique au village sia stato preferito a questo delizioso treat colorato, ma dovrò farmene una ragione. Haruka è una ragazzina come tante ma ha un papà perennemente occupato dal lavoro. Pregando a un tempietto scopre che ci sono degli spiriti che si appropriano di tutti gli oggetti che vengono dimenticati. Inseguendo uno spirito che le ha rubato le chiavi di casa si ritrova proiettata nel mondo degli oggetti dimenticati in cui il governante locale, un mostriciattolo senza scupoli molto preoccupato dalla sua immagine, ha messo le mani sullo specchio che la mamma defunta aveva regalato ad Haruka. Tra mille (coloratissime) peripezie Haruka ritroverà il suo delizioso orsacchiotto Cotton e si riimpossesserà dello specchio, facendosi nuovi amici e abbattendo un dittatore.

Per bambini dite? Forse, ma semplicemente bello.

Mai Mai Miracle, di Sunao Katabuchi, Giappone, 2009

5/5 – La potenza dell’immaginazione non è mai stata resa così bene

In qualche modo simile ad Haruka, Mai Mai Miracle è un altro lungometraggio anime per giovani che narra la storia di un gruppo di bambini che abitano vicino. Grazie alla loro fervida immaginazione creano mondi fantastici che sono talmente forti da influenzarli a vicenda. Quando una timida ragazza di città arriverà nel gruppo, la aiuteranno a scatenare la sua fantasia e a liberarsi dei tanti pesi che gravano su di lei, portandola verso una beata spensieratezza che non può essere altro che contagiosa verso lo spettatore.

Ho sentito più di qualche commento negativo nel pubblico che sosteneva che Mai Mai Miracle fosse soporifero per i bambini: non è quel che ho visto.

King of Thorn, di Kazuyoshi Katayama, Giappone, 2009

3/5 – Pasticcio confuso e incomprensibile ma ben realizzato

In un futuro vicino il virus medusa uccide le persone pietrificandole. Non avendo nessuna cura per tale malattia, una corporation costruisce un centro di ibernazione criogenica in un vecchio maniero isolato e seleziona 100 persone perchè siano salvate e traghettate verso un futuro migliore in cui una cura esiste. Il progetto va male e viene interrotto dopo solo due giorni: i pazienti si svegliano tutti e scoprono che il castello è ora pieno di creature orrorifiche assatanate di sangue.

Versione splatter della bella addormentata nel bosco, questo anime è talmente confuso e lambiccato (oppure ha buchi di trama, se qualcuno mi può spiegare come mai l’ultimo personaggio rivelato ha la cicatrice sul braccio mi fa un piacere) che tuttora stiamo ancora discutendo su chi è chi. Diciamo che il suo fascino sta nel fatto che l’idea della storia è bella e si può discutere per ore su come si pensa che siano andate le cose. Lo stesso appeal di Lost, per intenderci.

Eureka Seven: Good night, sleep tight, young lovers – di Tomoki Kyoda, Giappone, 2009

2/5 – Collage di scene ridoppiate

Gli alieni misteriosi attaccano la terra senza motivo e mandano tra gli umani dei robot umanodi con il compito di studiare il comportamento degli umani. Ricavato da una serie tv, questo film è… letteralmente ricavato: è un collage di pezzi già esistenti nella serie ridoppiati e incollati con alcune scene di tramite. La storia è stiratissima e ritrita: giovane si innamora di robot umanoide e giura di proteggerla fino alla fine anche se questo significherà per entrambi ribellarsi contro la propria gente.

Belle sequenze robotiche, dimenticabile il resto.

Nat e il segreto di Eleonora – di Dominique Monfery, Italia/Francia, 2009

4/5 – Una bella produzione italo francese

Grazie ai fratelli francesi riusciamo a piazzare anche un bel prodotto per famiglie. La nonna Eleonora passa a miglior vita e lascia in eredità i suoi libri di fiabe magici a Nat, un ragazzino scontroso che ancora ha difficoltà a leggere. Quando i genitori di Nat vogliono provare a vendere i libri per riparare la casa, Nat scopre che i libri sono magici e che se non diventerà il loro nuovo custode tutti i personaggi delle fiabe scompariranno per sempre. Da qui scaturiscono una serie di avventure fantastiche di sicuro intrattenimento per grandi e piccini in una formula che è ormai più che collaudata da Disney & soci.

Gamer – di Mark Neveldine, Brian Taylor, USA, 2009

3/5 – Bella atmosfera cyber

In un futuro molto vicino, i detenuti vengono usati per giocare a un discendente di Counterstrike in cui si rischia la pelle sul serio. Tutto è conseguenza dei dispositivi di controllo mentale creati dal cattivo di turno che non fanno altro che sfruttare una perversità al limite del sadomaso estremo: le persone possono farsi pagare per essere controllate o pagare per controllare qualcuno.

L’idea è interessante e la trasposizione di questo futuro prossimo molto cyber è resa veramente molto bene, sembra davvero di guardare una evoluzione grottesca di The Sims, tuttavia Gamer risulta alla fin fine piuttosto trascurabile dato che si arriva al confronto finale con relativa risoluzione della situazione in un lasso di tempo brevissimo, dando la netta sensazione che manchi l’intero corpo del film.

In poche parole, tutto fumo e niente arrosto, anche se il fumo è piuttosto bello.

Direi che questo è tutto per quanto riguarda le proiezioni, mi scuso ancora se quest’anno il report non è profondo come al solito, ma ho troppo poco tempo per farlo per bene.

Vorrei spendere due parole però su quanto “successo” durante la cerimonia di chiusura del festival, ovvero il pubblico annuncio dei direttori (ciao Oscar, ciao Giulietta) della scandalosa quasi-assenza del comune di Bologna dai principali sponsor della manifestazione. Trovo alquanto vergognoso che una città che ha fama di essere (e che cerca di essere) culturalmente avanzata, vicina ai giovani e moderna, possa dare una miseria come 15,000 euro a un festival che da anni onora la città della sua presenza. Purtroppo per la nostra città, come Giulietta ha detto, il festival si chiama Future Film Festival e non Bologna Film Festival, non c’è nulla nè nei simboli nè nei logo che lo leghi inequivocabilmente a Bologna, perciò trovo naturale che stiano considerando una rilocazione in sede più favorevole. Avrei il rammarico individuale, tuttavia, di non potervi più probabilmente partecipare e di vedere una delle mie attività tradizionali venire scaraventata in un contesto completamente diverso.

Non posso che augurarmi una felice composizione di questo contrasto e archiviare quest’anno, senz’altro un po’ in sordina, semplicemente nell’enorme faldone scusa-tutto intitolato “Che ci vuoi fare, c’è la crisi”(TM).

Ringraziamenti di oggi allo Shogunato e a tutti quelli che hanno usufruito dei privilegi associati al nostro rango. Un saluto speciale anche a quella ragazza che su facebook si è ricordata di noi definendoci leggendari individui che non si perdono neanche una proiezione. Grazie, sei stata molto carina :).