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Investimenti immobiliari a Montreal – Parte Terza

dicembre 21, 2012

Salve a tutti,

In questi giorni sono rientrato in Italia per le feste ma poichè sono colpito dal jetlag in maniera veramente indegna, ne approfitto per completare il breve excursus su come fare investimenti immobiliari qui in Canada.

Abbiamo già parlato delle visite immobiliari, delle offerte e dei formalismi bancari. Oggi parleremo finalmente della finalizzazione dell’affare.

Innanzitutto una importante distinzione. Ciò che scrivo ha validità esclusivamente in Québec: il notaio infatti è una figura che non esiste nelle altre province del Canada. Non escludo che le regole nelle altre province siano simili, ma di certo non sono uguali, quindi non applicatele automaticamente a tutto il Paese!

Parliamo quindi del notaio. Come acquirenti, è d’uso che poichè le spese notarili saranno a nostro carico, saremo noi a scegliere il nostro notaio di fiducia. A carico del venditore invece saranno le spese riguardanti la mediazione immobiliare (che può oscillare, in totale, tra lo 0.5% e il 5% del valore dell’immobile, tipicamente è il 2-3%).

Su consiglio del mio sfavillante agente ho optato per una simpatica notaia di origine italiana che mi ha fatto anche un ottimo prezzo. Aspettatevi di spendere come minimo mille dollari di notaio, ma il prezzo esatto dipenderà completamente dal periodo dell’anno. Nonostante questo sembri piuttosto strano, è proprio così: la tariffa varia stagionalmente a seconda di quanto sono “occupati” i notai. Inoltre, a meno di non avere indicazioni precise, la variazione di prezzo tra i vari professionisti è piuttosto trascurabile.

Dal notaio, come acquirenti, ci si presenta con il libretto degli assegni e con l’importo totale del prezzo di acquisto consegnato come assegno certificato o assegno circolare. Spiegherò tra un attimo di che si tratta.

Come venditori invece, si porta il libretto degli assegni, tutte le copie delle chiavi ed eventuali documenti bancari per la contestuale estinzione del mutuo gravante sull’immobile nel caso in cui lo si voglia fare.

Vediamo con ordine che cosa sono tutti questi elementi. Il libretto degli assegni se lo devono portare tutti. Va pagato il notaio e soprattutto lo stesso farà i conti per determinare chi deve a chi quanto. Le tasse di proprietà degli immobili e le tasse scolastiche infatti vengono pagate a Marzo e a Giugno: ne consegue che a seconda del periodo dell’anno in cui si effettua l’acquisto ci si può trovare a dover rimborsare il venditore di una parte delle tasse versate. Sarà il notaio a occuparsi di questi conti presentandovi un prospetto completo di quanto già pagato e di quanti soldi sia necessario versare per equilibrare i conti.

Per il pagamento dell’immobile si possono usare due strumenti, l’assegno certificato e l’assegno circolare. L’assegno certificato è un assegno ordinario su cui la banca impone un timbro che ne certifica la disponibilità di fondi. E’ un mezzo utilizzato in genere da chi ha conti bancari VIP perchè è una operazione che in tal caso non ha costi. Il problema degli assegni certificati è che dopo un po’ di tempo scadono e quindi non sono usati spesso. L’assegno circolare è del tutto identico a quello che abbiamo in Italia: la banca stampa un proprio assegno, diverso da quelli ordinari, che vale quanto prestabilito. Questa operazione è meno costosa della certificazione dell’assegno (se non si ha un conto VIP) e non ha scadenza. Inoltre non ha alcun limite di importo (se vi fate di questi problemi, direi che non avete problemi di soldi, sono limiti molto alti).

Per ultimo, parliamo dell’estinzione contestuale del mutuo, un pericolo enorme che si può correre qui in Canada. In Italia siamo abituati al fatto che quando si ha un mutuo, si può andare in banca in qualsiasi momento e chiuderlo semplicemente versando quanto manca. In Canada NON è così. La stragrande maggioranza dei mutui infatti usa la cosiddetta formula “chiusa”, che ha più vincoli ma ha tassi di interesse molto vantaggiosi (diciamo tra il 3% e il 3,5%). La formula “aperta”, più cara (tassi dal 4,5% in su) è molto poco usata, alcune banche non la offrono neanche.

Nella formula chiusa, vengono dati strumenti per il pagamento accelerato del mutuo, ovvero la possibilità di pagare fino al doppio una qualsiasi rata (anche tutte!) e la possibilità, ogni anno, di pagare il 10% secco del capitale restante. In entrambi i casi tutti i soldi versati in più vanno a ridurre direttamente il debito, quindi tutte le formule addizionali vi portano a risparmiare un bel po’ sugli interessi da versare in futuro.

Se però si vuole estinguere il mutuo, c’è una clausoletta, apparentemente innocente, che cita più o meno così: “penalità per l’estinzione anticipata: 6 mesi”. Che cosa significa?

Significa che la cara banca vi permetterà ovviamente di darle dei soldi per chiudere il mutuo ma prima vi chiederà il pagamento, non solo di alcune penali amministrative, ma anche di 6 mesi di interesse calcolati sull’intero capitale restante. Nonostante i tassi di interesse qui siano alquanto civili, pensateci due volte prima di estinguere un mutuo pagando la penale, si arriva facilmente ad alcune decine di migliaia di dollari!

Una via d’uscita a questa potenziale bastonata c’è: se per caso state estinguendo il mutuo sulla proprietà per comprarne un’altra e non volete cambiare banca, tipicamente l’istituto sarà tranquillamente disposto a non penalizzarvi e “spostare” il mutuo sulla nuova proprietà.

Ora che sappiamo tutto, vediamo un po’ l’incontro col notaio. Non so come sia per voi, ma per me questo momento è sempre stato associato con gente seria, atmosfera formale, pacatezza, silenzio, meticolosa e pedissequa attenzione ai dettagli, penne stilografiche, carta bollata, timbri.

Ovviamente qui siamo in Québec e ci piace divertirci, quindi il notaio non è un momento lugubre. Gli affari si svolgono in non più di mezz’ora, col notaio che vi presentarà alcuni fogli stampati con tutti i prospetti e brevemente leggerà le parti salienti del contratto di vendita (tipicamente due paginette scarne). L’acquirente consegna gli assegni, il notaio li riceve per versarli sul suo conto di garanzia rigorosamente separato dal suo personale e il venditore vi consegna le chiavi.

Un paio di firme, una stretta di mano e finisce così, potete andare a festeggiare nella vostra nuova casa!

E’ stato facile? 🙂

Saluti di oggi a tutti gli amici lasciati a Montreal per la natale, a Cake per il Casse-Noisette, tutta SC.BO riunita e, inevitabilmente, i Fonzies <3.

Investimenti immobiliari a Montreal – Parte Seconda

aprile 10, 2012

Salve a tutti,

Se ricordate, nel primo post sugli investimenti immobiliari avevo detto che non avendo ancora una offerta accettata non sapevo bene come si sviluppano le cose. Ebbene, adesso lo so, dato che ho trovato casa. Non voglio dilungarmi su cosa ho trovato, è un appartamento in centro in una bella zona, per puro caso nello stesso palazzo dove abita uno dei miei migliori amici. Direi che sono tutte le informazioni che possano eventualmente risultare interessanti.

Passiamo invece alla burocrazia e alle procedure. Grazie ai famosi moduli “precotti” di cui già ho parlato, la trattativa per l’acquisto di un immobile può concludersi positivamente con l’accettazione di una delle parti dei termini dell’altra. Quando questo accade, in realtà l’affare non è ancora chiuso (tutt’altro).

Innanzitutto, l’accettazione dei termini deve essere confermata da un avviso di ricezione: una parte del modulo di offerta è riservato infatti proprio a questo. In pratica, per garantire che non avvengano alquanto improbabili contraffazioni delle clausole, una offerta fa tre “salti”: la parte A scrive la propria proposta, la parte B la accetta e restituisce ad A il modulo con l’accettazione, la parte B riceve nuovamente la propria proposta originale e la firma un’ultima volta per confermarne la ricezione. Una copia di quest’ultima accettazione viene inviata anche a B.

A questo punto comincia la frenetica carambola delle scadenze. Il venditore ha tipicamente 1-3 giorni di tempo per consegnare tutta la documentazione riguardante lo stabile, ovvero la dichiarazione di coproprietà (ovvero lo statuto societario dell’entità che gestisce l’edificio), eventuali regole accessorie, i verbali delle assemblee di condominio, registri delle spese, preventivi già richiesti per lavori già commissionati o “da fare”. Ricordo che la visione e l’accettazione di tutti questi documenti costituisce clausola condizionale praticamente standard. E’ quindi perfettamente legittimo annullare l’offerta, anche se accettata, nel caso in cui non si trovi questi documenti accettabili (ad esempio se si ritiene che l’edificio sia malgestito). Fate tuttavia attenzione al fatto che mandare un’offerta all’aria per motivi futili o pretestuosi può farvi finire in un’aula di tribunale per una causa civile per danni: qui non siamo in Italia, potete finire di fronte a un magistrato nel giro di trenta giorni!

Passimo ai doveri del compratore. Voi acquirenti avrete una sfida apparentemente semplice ma in realtà non banale da completare: ottenere una lettera sine condicione della banca che garantisce che vi darà i soldi necessari per l’acquisto. In teoria tutto dovrebbe essere semplice perchè senz’altro vi sarete già mossi per ottenere una pre-approvazione, ma di fatto è qui che bisogna combattere con un po’ di scartoffie, se non siete canadesi o residenti permanenti. Sarà infatti necessaria una dimostrazione del vostro reddito, il vostro permesso di residenza, una lettera di referenze della vostra banca (si, quella italiana, o ovunque abbiate vissuto un tempo sufficiente) e… la visita del perito.

Ebbene si, la banca manderà il proprio perito a visitare ciò che volete comprare e in base a ciò definirà che mutuo erogarvi. La banca non vi impedirà di comprare qualcosa a un prezzo superiore di quello stabilito dal perito, ma non si muoverà di un millimetro nel caso in cui facciate un cattivo affare. In tal caso, tutti i soldi di differenza tra il prezzo e il denaro che la banca è disposta a darvi ve li piangerete voi.

Tutta questa procedura con la banca richiede tipicamente 3-7 giorni, dipendentemente da quanto siete pronti e da quanto è disponibile la vostra banca. Mentre la banca procede a tutti i controlli del caso, tipicamente avrete 7 giorni per procedere all’ispezione dell’immobile con un perito di vostra fiducia. Poichè in un condominio sostanzialmente da ispezionare non c’è praticamente niente, spesso si salta questa formalità, ma se si acquista una casa è assolutamente fondamentale portarsi il perito e fargli esaminare fondamenta, tubature, impianto elettrico, impianto di riscaldamento, gas e acqua calda. Non procedere all’ispezione in quel caso sarebbe una leggerezza che potreste pagare carissimo in termini di manutenzione futura. Una ispezione insoddisfacente da parte del perito di fiducia è una possibilità di annullamento della promessa di acquisto ben più forte della non accettazione dei documenti di cui ho parlato prima.

Dopo qualche giorno, la banca vi chiamerà e ci sarà da discutere il mutuo vero e proprio. Il tasso di interesse lo avrete senz’altro già fissato nella fase di preapprovazione, ora restano da definire il periodo di ammortamento (ovvero in quanto tempo volete ripagare il mutuo), il periodo di interesse (ovvero per quanto tempo l’interesse rimane fermo) e la modalità di pagamento.

Brevissimo richiamo sui primi due punti di cui abbiamo già parlato. Il periodo di ammortamento è quello che si discute tipicamente in Italia quando si chiede il mutuo, ovvero quanti anni si vuole passare a pagarlo. Quindici, venti, trenta, quelli che siano. Qui in Canada si aggiunge una variabile addizionale che è quella del periodo di interesse, tipicamente di tre-cinque anni. Al termine di questo periodo tutta la cifra restante del mutuo va rinegoziata, sostanzialmente a piacere. Si può cambiare tutto, dal tasso al periodo di ammortamento.

Veniamo alle modalità di pagamento, davvero particolari. Si dividono in due gruppi: normali e accelerate. Le modalità normali, in qualsiasi modo le si sommi, portano al pagamento di dodici mensilità annue. E’ possibile suddividere il pagamento in maniera mensile, quindicinale o bisettimanale, ma la sostanza non cambia. Le modalità accelerate sono invece studiate per avere un ritmo più elevato (da cui il nome): portano infatti al pagamento di tredici rate l’anno poichè il calcolo è basato sulle settimane e non sui mesi. Il vantaggio di questo sistema è che la tredicesima mensilità è considerata un contributo addizionale e va quindi a diminuire in maniera diretta e totale il capitale dovuto. Ne consegue quindi che tramutando il proprio mutuo in accelerato settimanale in realtà lo si accorcia, minimo, di un mese per ogni anno di ammortamento. Certo bisogna farsi MOLTO bene i conti per capire se ci si può permettere questa formula oppure no, ma è una interessante possibilità.

Nel caso in cui la modalità scelta sia troppo dura, non disperate, tutti i mutui possono essere rinegoziati “allargandoli” in qualsiasi momento. Dato che alla banca conviene, questa possibilità è sempre disponibile e non ha alcun costo addizionale, vi faranno solo perdere un po’ di tempo con moduli da compilare.

La discussione del mutuo non è l’unico argomento di cui vorrà parlare la banca. Ci sono infatti gli aspetti assicurativi da tenere in conto. Innanzitutto dovete assicurare l’immobile che comprate, come minimo per furto e incendio, anche se è fortissimamente consigliata la copertura per la responsabilità civile verso terzi (che tra l’altro vi copre in maniera personale in quanto proprietari anche quando siete al di fuori del vostro immobile). A causa delle leggi antitrust le banche non vi possono consigliare alcun assicuratore nonostante praticamente tutte le maggiori banche abbiano anche un ramo assicurativo (che però non si può interfacciare in alcun modo con la banca per queste limitazioni).

Ciò che però la banca può offrirvi è un prodotto assicurativo associato al mutuo stesso, tipicamente una polizza vita e infortuni, che vi copra nel caso in cui succeda qualcosa di brutto. Il costo di questi prodotti è microscopico rispetto alle rate del mutuo ed è assolutamente consigliato prenderne uno. Non è obbligatorio, ma è una buona idea. Oltre alla polizza, la banca potrebbe offrirvi una equity line, ovvero una linea di credito circolare a valore costante.

Vediamo un attimo che cosa significa questa locuzione alquanto complicata. Per cominciare la banca seleziona un valore associato alla linea di credito compreso tra il 20% e l’80% del prezzo di acquisto dell’immobile. Questo valore rimarrà costante (da cui il nome) per tutta la vita della linea di credito. La linea viene quindi divisa in due gruppi, il mutuo e la linea di credito pura. Il procedimento è semplicissimo, dal valore totale della linea di credito, la banca sottrare quanti soldi vi presta: tutto il restante va a costituire la linea pura. La linea di credito pura è sostanzialmente un conto in banca con del denaro liquido a disponibilità immediata con un tasso di interesse che vi verrà assegnato dalla banca. La equity line è definita circolare perchè ogni dollaro di capitale prestato che viene restituito alla banca viene automaticamente accreditato nella linea di credito, in modo che il valore totale resti costante.

In altre parole insomma, dopo avere pagato un mutuo ci si trova anche un fondo di liquidità con una somma potenzialmente ingente di denaro che è sempre disponibile. Ricordate sempre che la equity line ha un tasso di interesse quindi usarla in maniera intelligente (SE la si vuole usare) è fondamentale. Stando ad alcuni investitori locali è un buon modo per espandere le proprie proprietà immobiliari, ma non credo che investirò in tal senso. Nel caso in cui non la tocchiate, la equity line non costa nulla quindi se la banca ve la offre, accettatela. E’ un eccezionale fondo di emergenza, specie se ve la offrono a condizioni vantaggiose (ovvero al massimo assoluto a due punti percentuali dal prime rate).

Alla fine di tutto questo iter avrete quindi una lettera della banca che promette di coprire l’acquisto e una eventuale carta del perito che indica che la proprietà è priva di difetti. In questa fase l’unica cosa a cui fare molta attenzione è tenere al corrente il proprio agente e il venditore. Non è infatti detto che la banca riesca a produrre tutta la documentazione nel giro dei classici dieci giorni (tra l’altro solari!). Poichè la mancata presentazione della documentazione riguardante il finanziamento entro i termini è in realtà causa di rescissione del vincolo di vendita, il venditore avrebbe tutto il diritto di vendere l’immobile a qualcun altro. Se invece tenete tutti al corrente di quanto accade, dimostrerete buona fede ed eviterete quindi spiacevoli inconvenienti.

Tutto è quindi pronto, avete una offerta accettata, avete un mutuo, avete l’assicurazione, vi manca soltanto il notaio. Poichè le spese notarili saranno in gran parte a vostro carico, la scelta del notaio è di norma spettante al compratore.

Direi che per questa seconda parte è tutto, parlerò del notaio nella terza (nonchè ultima) parte.

Chiudo il post di oggi con qualche saluto sparso. Innanzitutto il monumentale Cesare per la grazia che mi ha concesso di scrivere il report. Ho aggiunto il suo blog nel blogroll, consiglio a tutti di seguirlo perchè è un uomo dalla penna ben affilata. Saluti miscellanei a tutta la tribù pasquale del Bal en Blanc (perchè si sa che la Pasqua giustamente la si festeggia andando a un rave party enorme in cui è obbligatorio vestirsi di bianco), Cincin per il suggerimento del Lunedi, Big D nonostante sia un pusillanime, Edi che mi chiama alle 6 del mattino e poi non mi dice perchè, Giannigianni e soprattutto La Nostra Semprevalida Esperta di Cinema ;).

Investimenti immobiliari a Montreal

febbraio 21, 2012

Salve a tutti!

Oggi condivido con voi il mio strazio più recente, ovvero la caccia all’appartamento. Mentre infatti le procedure migratorie seguono il loro corso burocratico, ho deciso che pagare l’affitto è un modo veramente sciocco di usare il mio denaro, perciò sto cercando un appartamento da comprare.

Non voglio dilungarmi troppo sulle motivazioni personali che mi spingono all’acquisto, quanto piuttosto voglio condividere con voi alcune informazioni utili.

Innanzitutto, comprare casa è una cosa che si può fare o da soli o tramite un agente immobiliare. La scelta è fondamentale perchè se decidete di fare tutto da soli avrete accesso a prezzi migliori, ma se usate un agente sarete al sicuro dalle molteplici possibili fregature che rischiate di prendere.

La scelta è vostra, personalmente io ho trovato un ottimo agente immobiliare perciò me ne servo. Odio personalmente girare per appartamenti, perciò avere una persona che organizza tutto per me è davvero utile, senza contare che l’agente è sempre a carico di chi vende e mai di chi compra. Il sito di riferimento per chi usa un agente è http://matrix.centris.ca, un sistema integrato di investimento immobiliare che usano tutti gli agenti.

Se invece volete trovare qualcosa per i fatti vostri, sostanzialmente si tratta di cominciare a fare ricerche su ricerche tramite http://www.realtor.ca e http://www.duproprio.com/. Odio troppo fare queste ricerche, ma se il prezzo è per voi in assoluto l’aspetto più fondamentale, è una buona strada da percorrere.

Veniamo al dunque, in un modo o nell’altro avete trovato un immobile che vi piace, è il momento di fare una offerta. L’offerta, tecnicamente Promessa d’Acquisto, è un documento in cui si esprime la volontà di acquistare l’immobile sotto specifiche condizioni, ovverosia un preciso prezzo (con condizioni di finanziamento ben definite, tra l’altro, v. sotto) e qualsiasi altra clausola vessatoria si ritenga necessaria.

La Promessa d’Acquisto è veramente molto standard, i moduli sono governativi e sono sostanzialmente riempiti a crocette, c’è davvero pochissimo da scrivere. Per intenderci, la tipica PdA si compila in circa quindici minuti, è davvero semplice e non è necessario essere avvocati per comprenderla.

Spendo due parole sulle clausole della PdA e sulle informazioni ivi contenute, perchè sono molto interessanti.

Innanzitutto parliamo di finanziamenti. C’è un aspetto davvero molto interessante nella PdA: per tutelare il venditore l’acquirente deve obbligatoriamente specificare come intende pagare, ovvero deve specificare se intende fare un mutuo e di quanto intende farlo. E’ fondamentale specificare in maniera molto chiara questo aspetto, includendo tra l’altro anche l’interesse bancario che si intende pagare. Se infatti non si forniscono queste informazioni dopo dieci giorni (tipico termine imposto per la convalida del finanziamento dopo l’accettazione della PdA) il venditore ha il diritto di cercare un finanziamento per l’acquirente e ovviamente non avrà nessun interesse a trovarvi un buon mutuo. Questa è una trappola in cui gli sprovveduti possono cascare e a cui bisogna fare grande attenzione.

Per evitare di incorrere nel problema del finanziamento, è opportuno passare dalla propria banca e chiedere la pre-approvazione di un mutuo: in questo modo non solo si mettono al sicuro le condizioni di mutuo fino a un massimo di centoventi giorni ma si può anche esprimere con grande sicurezza il tasso di interesse che si riceverà.

Rimanendo sullo stesso argomento, è necessario specificare anche la suddivisione del capitale d’acquisto tra denaro contante e capitale finanziato. Qui i conti cominciano a farsi complessi, cercherò di essere il più chiaro possibile. Tutte le percentuali si riferiscono al prezzo di acquisto dell’immobile.

  • In generale, se si mette meno del 20% in contanti, la banca pretenderà una fideiussione assicurativa per coprire l’investimento immobiliare. Non è sempre detto, dipende molto dalla vostra situazione creditizia.
  • Se non siete residenti permanenti del Canada, la banca pretenderà che versiate in contanti tra il 25% e il 35%, finanziandovi il resto. Se la vostra banca non si fida di voi, vi chiederà il 50% in contanti prima di finanziarvi il resto.
  • A eccezione del punto precedente, se siete in Canada con un permesso di lavoro temporaneo triennale, il minimo che la banca vi chiederà è il 20%. Se avete un ottimo lavoro, può scendere fino al 10%, ma è più l’eccezione che la regola.
  • Se siete residenti permanenti o cittadini del Canada, la banca non avrà problemi a finanziarvi a fronte di un investimento di capitale pari al 5%, tuttavia con ogni probabilità pretenderà la fideiussione assicurativa di cui sopra.

E’ fondamentale non venire colti di sorpresa da questi fenomeni perciò è bene prepararsi ampiamente per tempo.

Torniamo alla nostra Promessa d’Acquisto, c’è un altro aspetto che viene specificato e che ritengo interessante ed è la data di trasferimento della proprietà (Occupancy Date). Questa data è importante perchè determina il momento in cui il contratto di vendita diventa esecutivo: è possibile trovare qualcosa di bello a Marzo ed entrarne in possesso a Gennaio dell’anno successivo senza alcun problema. Considerato che qui i contratti di affitto vanno di dodici mesi in dodici mesi e che tipicamente non sono terminabili in alcun modo, avere la possibilità di selezionare da quando esattamente si entra in possesso di un immobile è davvero utile poichè tutte le spese ad esso collegate (mutuo, rate condominiali, imposte sugli immobili) si cominceranno a pagare solo da quella data in poi.

Ultimo aspetto importante della PdA sono le clausole condizionali. Non si fa mai una offerta al buio, ma la si fa sempre subordinata a qualcosa, tipicamente la presa visione della dichiarazione di co-proprietà (ovvero le regole dell’edificio) e della revisione dello stato finanziario dello stabile (redatto dall’amministratore): se non si trovano soddisfacenti questi documenti non si è vincolati dalla PdA. Inutile dire che in gran parte dei casi non sono questi i motivi per cui i contratti vanno in fumo.

Ciò che invece può far sfumare un affare è l’ispezione, del tutto opzionale ma ampiamente raccomandata. Si può infatti nominare un perito di parte (che può essere contro-bilanciato da un perito del venditore) che può ispezionare l’immobile per accertarsi che sia tutto in ordine. E’ una pratica non obbligatoria ma fortemente consigliata per l’acquisto di case singole, meno utile forse per i condomini.

Ecco quindi che abbiamo una PdA completa di tutti gli aspetti fondamentali: prezzo, modalità di finanziamento, data di trasferimento della proprietà e alcune altre informazioni accessorie trascurabili come il nome del notaio (tipicamente il notaio è determinato dal venditore ma viene pagato dall’acquirente, il prezzo varia a seconda del periodo dell’anno), l’eventuale inclusione di mobili o elettrodomestici o la richiesta di specifiche riparazioni.

La PdA viene tipicamente consegnata con termini di decisione brevissimi, in genere ventiquattro ore. Qui la situazione si dirama in molteplici direzioni. La prima possibilità che il venditore rifiuti la PdA. In tal caso la contrattazione è chiusa, non c’è alcun vincolo e sarà meglio cercarsi un altro immobile, nonostante nulla vieti la presentazione di una nuova PdA.

L’alternativa opposta è che il venditore accetti la vostra proposta e si crei quindi un vincolo di acquisto, subordinato alle clausole sopra specificate.

L’ultima alternativa è che il venditore vi invii una controproposta. Se questo accade i ruoli si invertono e sarete voi acquirenti a trovarvi sotto il vincolo di un termine molto breve. E’ il vostro turno quindi di accettare, rifiutare o lanciare una contro-proposta.

Una differente alternativa è che il venditore vi presenti una contro-proposta: in tal caso i ruoli si invertono e questa volta sarete voi acquirenti a trovarvi a dover decidere in un arco di tempo molto breve.

Tutto questo scambio avviene tramite moduli sostanzialmente prestampati quindi molto facili da compilare e del tutto standardizzati. L’unico fattore di flessibilità sono i termini. Se infatti si risponde a una PdA o una contro-proposta all’interno dello stretto termine specificato, si crea un vincolo contrattuale tra acquirente e venditore. Se la risposta invece arriva fuori dai termini, nonostante non ci sia alcun vincolo è tuttavia uso “prenderla in considerazione”.

Si tratta quindi di un sistema piuttosto semplice e standardizzato, dove i “pericoli” sono molto prevedibili e in cui la tutela è equilibrata tra acquirente e venditore: uno ha diritto a essere certo che l’immobile sia privo di vizi, l’altro ha diritto alla sicurezza di ricevere quanto pattuito.

Vi sarete senz’altro accorti che manca la parte riguardante le conseguenze di una offerta accettata. Ebbene, non sono ancora riuscito a vivere in prima persona questa fase della contrattazione, quindi aspettatevi un aggiornamento nel caso in cui l’affare vada in porto. In caso contrario spero di avere condiviso con voi qualcosa di utile.

Saluti di oggi al Portiere Più Grasso del Mondo, l’Erede27 e al mio agente, l’uomo più gay dell’universo :D.

Toccata e fuga ad Amsterdam

Maggio 18, 2010
Salve a tutti,
questo è un report da un posto che con la norvegia non c’entra nulla ma che ho appena visitato, ovvero Amsterdam (o Amsterdoom, a piacere, ciao Fanz). Sto redigendo la prima versione di questo post proprio dall’aereoporto Schiphol (in teoria sono nella Wi-Fi zone, ma non funziona…) dato che sto per lasciare la città e tornare a Oslo.
Andiamo con ordine. Maggio è un mese disastrato dal punto di vista lavorativo in Norvegia a causa degli svariati giorni di festa comandata che si trasformano ovviamente in ponti clamorosi del tipo “ti prendi un giorno di ferie e ti fai un bel weekend lungo cinque giorni”. A noi ovviamente non sono stati concessi giorni di nessun tipo dato che  l’11 Maggio abbiamo finalmente rilasciato la prima espansione di Age of Conan: Rise of the Godslayer (www.riseofthegodslayer.com).
Finora sta andando tutto bene perciò, esausto da settimane di lavoro intensissimo per completare l’espansione e stressato da un paio di brutti incidenti in ufficio (ciao Cristofio, mi fa piacere che tu ti sia dimesso, così mi risparmio la fatica), in una botta di vita improvvisa mi sono prenotato due notti di albergo ad Amsterdam e due scomodissimi voli.
Il ruolino di marcia prevede partenza da Oslo Gardermoen (l’aereoporto, quello bello) alle SEI E QUARANTA del mattino, alloggio allo Swisshotel sul Damraak e ritorno lunedi a Oslo Sandefjord (l’altro aeroporto, quello brutto e lontanissimo) alle undici e mezza di sera. Il post per il blog lo sto scrivendo ora, a proposito, perchè a quell’ora a Sandefjord ci sono solo i taxi e so già che ci vorrà un massacro di soldi per tornare a casa (meno di tutte le altre alternative disponibili, comunque).
Impacchetto tutto venerdi sera grazie alla mezza giornata libera graziosamente concessami (sotto condizione di essere reperibile) e vado a letto prestissimo per rendere la sveglia alle quattro sostenibile. Il piano funziona e arrivo correttamente a Gardermoen in perfetto orario col mio bagaglio a mano, pronto per il check in.
Nessun problema sul volo, al solito viaggio con KLM ogni volta che mi è possibile e il servizio è eccellente, il volo è
tranquillo, il personale rispetta con grande meticolosità l’ora del mattino e si assicura che ci sia silenzio, una cortesia che ho senz’altro apprezzato anche se in realtà non ne ho personalmente usufruito. Suppongo sia lecito dire che mi piace stare tranquillo.
Arrivo ad Amsterdam alle otto del mattino e alle otto e mezza sono già in centro sul Damraak e cerco lo Swisshotel. La prima reazione passeggiando per il corso principale della città è un po’ deprimente, ci sono cumuli di immondizia da fare invidia alla Napoli dei tempi peggiori, le strade sono luride e il rumore che si sente più spesso è il calcio noncurante di qualche passante alla ubiqua lattina o bottiglia per terra. Non proprio il massimo insomma.
Fortunatamente è una bella giornata, c’è un po’ di sole, è tiepido ma certamente non caldo, c’è tantissima gente in giro e c’è una divertente mescolanza di etnie che in mia opinione è rappresentativa di una nazione che ha fatto del commercio e dell’integrazione la sua bandiera.
Trovare l’albergo è facile anche se ammetto di averlo scoperto piuttosto per caso. La caratteristica principale degli Swisshotel è quella di essere signorili e spesso in marmo nero e sobrio. Ne consegue che non sono per nulla appariscenti e ciò può renderne complessa l’identificazione. Avevo una idea generale dell’indirizzo grazie a Google Maps perciò alla fine ci ho sostanzialmente sbattuto il naso contro.
Presentarmi in albergo alle otto e trenta mi crea qualche piccola difficoltà, il check out è alle 12.00 e la mia stanza non è pronta perchè l’albergo è completamente pieno. Lascio i pressochè nulli bagagli e decido di farmi il primo giro della città a piedi. L’obiettivo è il motivo principale per cui sono venuto ad Amsterdam ovvero il Museo Van Gogh.
Amsterdam è disseminata di comode indicazioni turistiche che indicano non solo la direzione dei luoghi di interesse ma anche la loro distanza, informazione utile sia per i marciatori come me che per i ciclisti.
Aaah, i ciclisti. Ci sono circa quattrocento chilometri di piste ciclabili qui (non è una iperbole, ci sono realmente) e le biciclette sono davvero ovunque. I mezzi pubblici sono molto capillari, ma quando si ha una città fatta tutta di canali e ponti, è difficile fare passare il tram. Conseguenza di queste difficoltà operative è che agli olandesi piace girare in bicicletta, la città è sufficientemente piccola da permetterlo. Un consiglio utile per gli esploratori europei in erba: come a Kobenhavn (o Copenhagen) guardate per terra, se è rosso aspettatevi di sentire scampanellate e schiamazzi per invitarvi cortesamente a scansarvi.
Mi metto quindi in marcia verso la Museumplein per andare al museo Van Gogh. Qui mi accorgo che la pianta di Amsterdam purtroppo vanifica completamente il mio naturale senso dell’orientamento. I canali infatti hanno fatto sviluppare la città in maniera decisamente non ippodamica, è piuttosto una serie di cipolle a strati incastrate in maniera più o meno regolare. Come ovvio la buccia della cipolla è curva e ne consegue quindi che il concetto di “andare diritto” ad Amsterdam non esiste. Si, lo so, mi aspetto una battuta del genere “Tanto anche se ci fossero le strade diritte non andrebbe diritta la gente”. Può darsi :D.
Ci metto un bel po’ di tempo a raggiungere la Museumplein. Il cartello all’inizio del Damraak di fronte all’albergo dice 2.6 km. Io credo di averne fatti almeno quattro o cinque, mi sono letteralmente perso almeno tre volte e la cosa che mi ha infastidito ogni volta è che tutte quante ero convinto di seguire l’effettiva direzione indicata dal cartello turistico! Dannazione!
Raggiungo la zona dei musei e scorgo rapidamente una immensa fila che esce da un edificio. Lunga. Veramente lunga. Ma davvero tanto. Mi è anche venuto in mente che in realtà il museo più vicino venendo dal centro è il museo di stato, il Rijks, che contiene moltissime opere stupende di Rembrandt. Mi metto quindi in coda e dopo un tempo DAVVERO lungo riesco a entrare.
Problema comune a gran parte delle attrazioni che ho visitato (hmmm, tutte per la verità) è l’impossibilità di fare foto, ma non importa alla fin fine credo che fotografare dei quadri sia pressochè inutile. Ci sono ottime fotografie professionali se non si può andare di persona, altrimenti nulla vale quanto essere lì. Non mi metto a parlare di Rembrandt perchè sono sicuro che sia ben noto a tutti, piuttosto mi piace ricordare quanto questo museo sia fiero della propria terra. Gli olandesi si riferiscono al loro momento di più grande trionfo, quello in cui la compagnia delle indie orientali e quella delle indie occidentali lavoravano a pieno regime, come l’Età d’Oro. Rembrandt è proprio di quel periodo perciò la parte del museo che antecede le opere è dedicata alla grandeur olandese, specie in relazione a stati come la Spagna (da cui l’Olanda si ribellò diventando indipendente), la Francia e il Giappone.
Il Giappone? Ebbene si, il Giappone. Ho scoperto in questo viaggio che l’Olanda e il Giappone hanno una stretta relazione. Durante il periodo del grande isolamento giapponese, periodo lungo centosessanta anni se non sbaglio in cui nessuna nave poteva attraccare sulle coste giapponesi, indovinate quali erano gli unici mercantili che potevano passare? Corretto, quelli olandesi! A differenza infatti di tutti gli altri invasivi europei gli olandesi, che erano già all’epoca gente simpatica e che sapeva commerciare, non si portavano dietro i missionari e non cercavano di convertire i locali alla loro religione. Ai giapponesi questo aspetto piaceva molto e ancora oggi c’è un quartiere di Tokyo che ha un nome olandese per commemorare un grande mercante. In questo momento non ricordo il nome del quartiere perchè è un po’ complicato e ovviamente è in olandese giapponesizzato (quindi figuratevi cosa ne viene fuori). Questo annedoto non è ovviamente l’unica relazione tra il Giappone e l’Olanda: sia Van Gogh che Rembrandt hanno tratto piena ispirazione dalle stampe giapponesi. Entrambi ne possedevano grandi quantità e le adoravano come hanno scritto molteplici volte.
Lascio il Rijk pensando alla duplice identità dell’Olanda: da un lato è una nazione accogliente che favorisce l’immigrazione, dall’altro è una nazione fiera della propria identità, del proprio passato e del proprio modo di essere. C’è poca arroganza nel modo di fare, cosa che ad esempio non si può di certo dire della Norvegia dove l’immigrato o si “norvegesizza” o non è benaccetto. Negli ultimi anni alcuni fatti scandalosi hanno portato anche l’Olanda verso una deriva destrorsa che sta rientrando solo ora, ma resta un paese molto progredito socialmente.
Ormai sono alla lontanissima Museumplein perciò mi metto a cercare il Van Gogh. Mi mangio un panino mozzarella e pesto a un chiosco italiano che aveva un bell’aspetto e trovo facilmente il museo dove ovviamente mi aspetta… una bella fila!
Fortunatamente l’orario mi favorisce, stanno tutti mangiando perciò la fila è “piccola”, devo aspettare solo mezz’ora. C’è poco da dire su Van Gogh che tutti non sappiano già perciò vi risparmio il polpettone culturale che potete facilmente trovare su Wikipedia in qualsiasi lingua.
Esco dal Van Gogh a pomeriggio inoltrato, la stanchezza comincia a farsi sentire perciò utilizzo il biglietto giornaliero dei mezzi che avevo comprato e mi infilo su un tram per tornare verso la stazione centrale. Il sistema di biglietti mi confonde molto perciò chiedo all’edicolante come funziona. Lui con molto candore mi risponde che è il primo biglietto giornaliero che vende nella sua vita, perciò non ne ha idea. Perfetto! Per intenderci, un biglietto è un pezzo di carta leggermente spessa bianca e blu con su scritto “1-day pass”. C’è un numero di serie e quello è tutto. Niente istruzioni, niente date, niente orari, niente di nulla. La mia teoria è che verrà timbrato da qualcuno.
Forte del criterio dei grandi esploratori urbani come me, ovvero “Do as the locals do”, mi metto in fila per salire su un tram. Ci sarà pure qualcun altro con un biglietto simile al mio, no? Ebbene scopro che il sistema è in realtà semplice. C’è un sensore che si interfaccia col chip dentro il biglietto, quando entri poggi il biglietto sul sensore e questo beepa con una lucina verde per segnalare che è tutto in regola. Facile!
Si… però. Salire è facile, quando devi scendere però accade un fatto misterioso che non sono riuscito a comprendere (non ho investigato troppo). Ovvero quando devi scendere l’altoparlante ti ricorda che devi fare il “check-out” del biglietto. Che cosa sarà mai il “check-out”? La prima volta non l’ho capito, l’ho notato solo dopo, la gente ristrofina il biglietto sul sensore e questo beepa di nuovo.
Quello che mi chiedo è a che serva un sistema del genere. Perchè devi fare il check-out? Al momento, mi sembra misterioso. L’unica teoria che ho è che ci sono dei biglietti a tempo e quindi se non fai il check-out ti bruci il biglietto (es. “Biglietto che vale sessanta minuti non consecutivi”).
Mi sistemo in albergo e si fa sabato sera. Mi pare doveroso, avendo un sabato solo a disposizione, andare nel quartiere a luci rosse, ovvero il famoso Walletjes o come lo chiamano i locali semplicemente il Wallen. Mi è sembrato importante andarci specie in seguito al forte input politico del Progetto 1012 (è il CAP del quartiere), ovvero ripulire la zona perchè, questa la ragione ufficiale, il crimine organizzato vi ha attecchito. Meglio andarci prima che sia solo una memoria del passato, no?
Parliamo un po’ di questo famoso quartiere. Innanzitutto, è pieno di gente di ogni tipo: turisti, locali, uomini, donne, bambini, qualsiasi davvero. Per chi non lo sapesse, la caratteristica principale di questo quartiere è la presenza di “finestre” (anche se sono più porte-vetro) da cui le prostitute sostanzialmente adescano i passanti. E’ un balletto interessante, se giri per il quartiere, alla fin fine quattro strade e poco più, noti questi tizi solitari dall’aspetto losco che si guardano in giro. Si fermano di fronte a una finestra, guardano meglio, poi si muovono avanti, tornano indietro, poi si fanno un altro giro, e continuano tipo trottole.
Il sabato sera il quartiere trabocca di gente, le reazioni che più mi hanno divertito sono state quelle delle ragazze per le strade (non quelle delle vetrine). Senti ovviamente donne scandalizzate dal mercimonio, quelle che ridono, quelle che sono lì con la propria ragazzA e cercano di divertirsi con una terza, quelle che si guardano schifate, quelle che sono impietrite, quelle che sono terrorizzate.
Passo la serata al live show più famoso del quartiere, ovvero il Cafè Rosso (di italiano ha solo il nome). L’ingresso è un po’ caro ma include quattro drink gratuiti e mi fa passare più di due ore di risate. Citando la sempre fedele Lonely Planet, “intrattenimento per tutta la serata, spesso comico, sovente senza volerlo”. Highlight della serata è una stangona dell’est che sale sul palco sostanzialmente ipnotizzata, ripetendo una sequenza di movimenti che o ha provato dieci minuti prima o sa a memoria fino alla nausea. Uuuh, eccitante. Eh, si.
Vabbè, fine per la prima giornata, i piedi cominciano a reclamare.
Domenica dormo male (anche perchè diciamocelo che quattro drink al Cafè Rosso in una atmosfera sostanzialmente tossica non è che facciano poi bene) perciò mi trascino stancamente al suntuoso ristorante dello Swisshotel e mi faccio spennare dalla colazione alberghiera. Non importa, ho bisogno di energie.
Il mio biglietto giornaliero è ancora valido perciò decido di andare a vedere la casa di Anna Frank, la ragazzina ebrea autrice del diario che probabilmente tutti conoscono. Per fugare ogni dubbio, riassumo la triste storia: i Frank sono una famiglia ebrea che si trasferisce da Francoforte ad Amsterdam perchè il padre di famiglia, Otto, nasa che in Germania le cose si stanno mettendo male (è il 1933). Nel 1940 la Germania conquista l’Olanda e comincia l’emanazione di leggi razziali. I Frank decidono nel 1942 di entrare in clandestinità abitando “la casa sul retro”, ovvero una parte della sede della ditta di condensanti per marmellata di Otto Frank. Nel 1944 i Frank vengono traditi (mai stato scoperto da chi) e vengono deportati. L’intera famiglia, compresa la talentuosa Anne, viene sterminata dalla malattia, dagli stenti e dalle camere a gas. Anne pensate muore a pochi giorni dalla liberazione del campo di Bergen dove era tenuta prigioniera, colta dal tifo che ha appena ucciso la sorella Margot. Il padre Otto, per giustizia universale, sopravvive al campo di sterminio di Auschwitz e vive per raccontare la loro storia. Morirà nel 1981 all’età di 91 anni, dopo avere pubblicato il diario di Anne in più di settanta lingue.
C’è poco da dire sulla casa di Anna Frank. La coda è interminabile ma ne vale la pena. E’ un luogo in cui entri e piangi, versi le lacrime più amare della tua vita, pensando agli orrori indicibili che l’umanità ha compiuto in nome di ideali che non posso definire in altro modo se non idioti (e idiota è chiunque pensa che tali ideali abbiano il benchè minimo valore, in qualsiasi forma). C’è una bellissima citazione di Primo Levi sulla guida ufficiale della casa, non la ricordo a memoria ma recita più o meno così: “E’ forse meglio che solo la storia dei Frank sia così nota e famosa, perchè se dovessimo soffrire per tutti queli come noi che hanno sofferto, non potremmo più vivere.”. Come dargli torto.
Nell’atrio della casa, quando si va per uscire, c’è una bella sezione interattiva dedicata alla discriminazione nel mondo. E’ molto interessante, vengono fatti ciclare a rotazione brevi filmati di un paio di minuti che presentano una situazione controversa riguardante i diritti fondamentali. Il pubblico presente può avvicinarsi ad apposite colonne dove può votare “Si / No” alla domanda “riassuntiva” di fine filmato.
Io ho partecipato a due votazioni. Il primo filmato parlava del divieto, in Germania, di possedere, produrre e indossare qualsiasi indumento che riproduca effigi naziste di qualsiasi tipo. La domanda finale chiedeva se è giusto questo divieto che limita il diritto individuale. Ha vinto, con un largo margine, il Si. Il secondo filmato, neanche a farlo apposta, era dedicato all’annosa questione del crocifisso nelle aule in Italia. Il sondaggio finale chiedeva se il simbolo sacro andava rimosso dalle classi oppure no. Ha vinto il Si, di pochissimo.
Profondamente commosso dalla visita alla casa dei Frank, decido di andare a tirarmi su di morale a Chinatown dove spero di trovare del buon cibo orientale. Vado a mangiare al Good Fortune, un posto che i locali consigliano per il Dim Sum (per i lettori italiani che non sono mai usciti dall’italia dove il Dim Sum non ce lo abbiamo: i piatti stile “ravioli al vapore” sono Dim Sum). E’ strapieno perciò vengo messo al tavolo con una tizia tailandese.
La tizia tailandese è molto carina, silenziosissima, si guarda attorno continuamente, ha un paio di vistosi orecchini a stella ed emana un certo odore molto caratteristico del quartiere a luci rosse (non sono un esperto ma a girare per il quartiere si sentono solo tre odori: urina e cannabis). Questa qui, mi sono detto, è una che ha appena “lavorato” o che ci sta andando.
Ebbene ho ragione, si chiama Kika (ho cambiato lo pseudonimo in un altro) ed è una ragazza in vetrina. Non ha particolare pudore nel dirmi quello che fa e a quel punto non mi lascio scappare l’occasione di avere più informazioni su questo quartiere strampalato. Non ho dubbi che lei stesse solo cercando di accalappiarsi un turista cliente, ma alla fin fine i motivi personali non importano.
Mi racconta che è tailandese di vicino Bangkok, il posto esatto è ovviamente impronunciabile. Ha vissuto in germania un po’ di tempo, facendo anche lì la prostituta, poi si è trasferita ad Amsterdam dove, dice lei, la trattano meglio. Questo “la trattano meglio” mi sa di orrendo protettorato perciò le chiedo di spiegarmi meglio come funziona la faccenda. E’ davvero molto interessante.
Una ragazza tipicamente non ha bisogno di altro che una “camera” per offrire le sue prestazioni. Le camere le affittano appositi servizi, spesso gestiti da donne, che noleggiano quegli strani loculi che si vedono per strada nel quartiere. Il prezzo dell’affitto dipende dalla zona in cui si trova e da quanto è carino, in generale però sono sufficienti uno o due clienti per turno per pagarlo: tutto il resto resta alla ragazza (che però dovrà poi pagarci le tasse!).
Le camere vengono pulite ogni giorno in maniera più o meno meticolosa (ci sono zone “di pregio” e altre meno), sono riscaldate e profumate, dotate di cassetta sicura in cui riporre i soldi e ovviamente di letto e altre amenità utili al “servizio offerto”. Lei, mi racconta, lavora nel posto migliore di tutti che è una zona al coperto abbastanza distante da dove siamo. Non so dove sia ma ovviamente le faccio i complimenti. Un’altra caratteristica delle camere è che hanno il Pulsante.
Il Pulsante è l’allarme collegato alla luce sopra la vetrina. Viene premuto se qualche cliente si mette a fare cose che non dovrebbe. In quel caso, dice lei ridendo, quello slavo sdentato fuori dal ristorante ti rovina di botte prima che arrivi la polizia. E pensare che io pensavo che tutti quei tipi loschi fossero clienti… non lo sono! Sono quelli che si assicurano che non succeda nulla alle ragazze, le accompagnano fuori dal quartiere per essere sicuri che nessuno le segua e si prendono in generale cura della loro sicurezza.
Per finire le chiedo se le piace Amsterdam e mi racconta che il tempo è una colossale schifezza e che non le piace la gente, spesso quando qualcuno vede una ragazza così carina da un paese orientale la approccia direttamente con un galante “quanto vuoi per sc**are bambolina” che ovviamente è molto umiliante.  Mi racconta con un certo sollievo che da martedi è a Milano per una settimana con una amica a fare shopping. Spera di trovare bello lì. Le dò qualche dritta per quel che mi ricordo di Milano e mi saluta, perchè tra un po’ è il suo turno.
Il pomeriggio lo passo in giro per Chinatown verso il Nieumarkt, faccio anche in tempo a vedere la cerimonia della preghiera al tempio cinese buddista, il primo e più grande d’europa. Un bonzo donna esorta i cinesi alla preghiera mentre noi turisti pecoroni assistiamo in silenzio. Molto rilassante, ne avevo bisogno.
La sera, stanco morto, ritorno in albergo dopo una bella passeggiata lungo il Damraak fino alla celebre piazza Dam.
Lunedi è l’ultimo giorno e mi informano con mio terrore che le ceneri vulcaniche hanno causato la chiusura dell’aeroporto. Fantastico, penso io, un altro giorno qui! Magari mi risparmio la terrificante tariffa per tornare da Sandefjord a Oslo!
Sperando di rimanere bloccato qui, vado al Nam Kee, sempre a Chinatown, il ristorante che da anni vince il premio come miglior ristorante cinese di Amsterdam. C’è una ressa oceanica perciò anche oggi mi tocca mangiare con qualcun altro, una ragazza decisamente straniera dall’aspetto distinto. Parla inglese con accento americanissimo perciò le parlo: si chiama Coleen, è di Washington e lavora per una fondazione no-profit qui ad Amsterdam, aiutando la distribuzione di viveri nei paesi poveri e costruendo servizi idrici.
Passo un pranzo spensierato e si fa ora di andare, l’aeroporto ha riaperto e KLM consiglia di andare MOLTO per tempo. La fila è oceanica e solo poco fa sono riuscito a sedermi qui, nella food court, per scrivere questo post.
Scusate per la lunghezza, ma volevo lasciare i posteri tutto quanto!
Saluti di oggi a Kika e a Coleen per la compagnia. Saluti specialissimi al Figarella Racing Team, con particolare attenzione a Francisco F. e a Micheal L.
Studio libero!

Il panettiere che non è un panettiere

aprile 22, 2010

Salve a tutti!

Secondo uno schema già collaudato, oggi vi parlo di un altro aspetto del quotidiano che non è certo come a casa nostra: il panettiere. Ora che abito in centro ho vicino il negozio principale delle United Bakeries, una serie di panetterie che ha come obiettivo sfornare pane in stile europeo (direi di ispirazione francese-italiana).

Vi chiederete quindi che tipo di pane invece sia comune qui. Ebbene, qui il pane si trova facilmente in ogni supermarket, anche il più scadente, in circa venti o trenta varietà (non è una esagerazione). E’ tutto pane in cassetta, due varietà sono bianche (all’americana, col latte), tutto il resto è integrale secondo qualche misura. Considerato che il pane al latte non è la mia passione e che quello integrale non lo digerisco, potete ben capire che per me, amante del pane, qui la situazione è potenzialmente piuttosto tragica.

Mi sono salvato finora comprando le rundstykker (=”pezzi di pane tondo”, la descrittività del cibo norvegese è sempre unica) e le baguette precotte di ICA, ma United Bakeries finalmente mi restituisce una dimensione di panificazione in linea col resto delle nazioni civili.

Felice di vivere finalmente vicino a un panettiere, mi reco quindi bel bello al negozio la mattina alle 8.05 prima di andare in ufficio. E’ invero molto bello, arredato in stile rustico, l’odore del pane è inconfondibile (altro che cassetta, c’è un forno qui dentro! e usano la farina!), ha anche alcuni tavolini fuori dato che l’impostazione della panetteria è tedesca (si può comprare anche il caffè e gustarlo lì, in stile pasticceria).

L’orario di apertura dice “8.00”, mi aspetto quindi che il panettiere trabocchi di pane fresco… ovviamente no.

Come sarebbe no, direte voi. Ebbene… no!

Facciamo un piccolo passo indietro. Tipicamente un panettiere “classico” è un signore che si alza alle quattro del mattino, impasta il pane, lo inforna, lavora sodo e intorno alle sette ha una bella sfornata di pane. Lo vende la mattina e probabilmente intorno a mezzogiorno o poco dopo chiude perchè ha finito il pane, oppure ne inforna altro durante il giorno.

Ma qui siamo in Norvegia e mi gioco quello che volete che alzarsi alle quattro per lavorare è senz’altro illegale/illegittimo/immorale/degno di castrazione/pena capitale. Ne consegue che il mio ottimo fornaio apre sì alle 8.00 ma fino come minimo alle 8.30 non ha pressochè niente di pronto se non le gigantesche brioche mattutine (per gli italiani che vivono qui a Oslo e vanno su Karl Johans a fare colazione: il pain au chocolat è buono ma c’è veramente TROPPO burro, evitatelo).

Un pezzo di pane però è pronto sempre e quello sto comprando: rundstykker :/. Certo, fatte di vero pane e non fatte con bolle di pastaccia infilata in un forno elettrico ICA sono tutta un’altra cosa :).

Facezie a parte, questo negozio mi rallegra l’esistenza, mi manca l’esperienza del “mio fornaio” e United Bakeries supplisce più che bene specie considerato che in termini di costi è alla pari di qualsiasi altro pane trovi in città (Baguette surgelata infornata da ICA: 24 NOK, Baguette di semola United Bakeries: 26 NOK) e in termini di qualità e gusto ci troviamo decine di categorie sopra qualsiasi concorrente.

Intervistati a riguardo, i norvegesi che conosco commentano così: “Ma il pane norvegese è molto migliore perchè ci sono molte più varietà e poi lo sanno tutti che il pane bianco fa male.”. Che dire, posso solo commentare che non sapere distinguere tra il pane bianco al latte e quello di semola è sufficiente per renderti poco qualificato a parlare di pane, secondo me :D.

Saluti di oggi a Jo per l’assistenza e a Kate per i suoi vestiti sobri. Ci potrei infilare una battuta qui ma sarebbe inopportuna, quindi vi propongo una crittografia sinonimica: “(5) COSTANZA”. Al fortunato solutore tutta la mia stima.

Salve, vorrei un tavolo.

febbraio 19, 2008

Dopo avere preso accordi con il marito della mia “straordinaria” padrona di casa, oggi lascio il lavoro una volta tanto all’orario giusto (17,45) e sfruttando la polivalenza dell’abbonamento mensile (puoi prendere anche i treni veri e propri da stazione a stazione, purchè urbana) arrivo in Oslo Sentralstasjon con ampio anticipo per prendere l’autobus per IKEA Slepander. Rapido pasto da Burger King (mi spiace ma McDonald’s resta “meglio”) e dopo un’attesa di soli 30 minuti al freddo a causa del ritardo della navetta in cui festeggio la mia prima conversazione in norvegese finalmente prendo la navetta e arrivo a Slepander, l’IKEA nella zona chic di Oslo in cui all’arrivo viene percosso da roboanti minchie svedesi (le Slepp-ander appunto).

L’altra volta ero stato a IKEA Furuset, quello nella zona sfigata di Oslo: devo dire che era identico a quello di Bologna. Identico davvero. Quello di Slepander a parte i giochi di parole è davvero molto bello. E’ grande, ma non troppo, ci sono meno persone, la roba è disposta meglio e la zona mercato che è l’unica che ha senso visitare è direttamente accesibile da molte parti e senza troppi sbattimenti, permettendo tra l’altro agili passaggi tra la zona esposizione e la zona pickup. Felice di essere finalmente all’IKEA (vabbè felice, diciamo non mortalmente annoiato), sbatto la giacca nel fantascientifico locker con pin code customizzato a 4 cifre (che può vedere chiunque e che permette a un qualsiasi ladro smaliziato di svaligiare tutti i locker), mi metto l’iPod con le Morning Musume e via a fare shopping.

Non sto a dilungarmi sulla roba che ho preso e sui conti che ho fatto perchè tanto giustamente non gliene frega niente a nessuno e a me quei blog lagnosissimi con la lista della spesa degli avvenimenti quotidiani fa scendere il latte alle ginocchia.

Nella zona kjøkken (cucina) però trovo un bel tavolo che voglio mettere nella sala da pranzo. Si lo so, la sezione è cucina, però il modo che ha l’IKEA di disporre i mobili è chiaramente strampalato: voglio quel tavolo. Ebbene, il mio mistico tavolo è accatastato in 4 colori diversi: due sono disponibili, gli altri due richiedono di contattare il personale. Non sono sicuro della traduzione dei colori perciò sarà il caso di contattare una delle tante passerone che lavorano all’IKEA.

C’è un punto informazioni a pochi passi dalla pila di tavoli, ma non c’è nessuno. Aspetto un po’ e arriva una trippona che mi informa che nonostante quel punto informazioni sia a tre metri (3) dai tavoli, quei tavoli sono da cucina e quindi bisogna parlare con il punto informazioni cucina che si trova lì :indica una zona con un nugolo assurdo di persone:.

Bene, mi armo di santa pazienza e vado al punto informazioni indicato per scoprire che si tratta di uno di quei malefici punti in cui hai i computer a disposizione e ti puoi immaginare la tua casa riempita di schifoso ciarpame di pessima qualità targato IKEA. Ci sono tantissimi assistenti IKEA ma sono tutti impegnati a mostrare a degli spastici come si usa un mouse in modo da essere maggiormente efficaci nella selezione di ciarpame IKEA quindi non mi possono aiutare. Ci sono tre persone al punto informazioni vero e proprio ma su tale punto torreggia una scritta mortale: “ASSISTENZA VENDITE” (ci ho messo alcuni minuti per tradurre correttamente questo).

Oggi per non so quale motivo dodici milioni di norvegesi (che neanche esistono, ma alcuni sono tornati più volte) hanno deciso di rinnovare la loro cucina. Quaranta minuti, quaranta dannatissimi minuti ho dovuto aspettare per poter finalmente parlare con qualcuno per avere un dannatissimo tavolo.

I minuti passano, sto puntando un tizio che è chiaramente il prossimo assistente che si deve liberare. Mi guarda beffardo, ha capito che mi stanno girando le palle VORTICOSAMENTE, ha capito che al contrario di tutta sta massa di pirla che pensa che comprare una cucina IKEA sia un’affare, a me serve qualche cagata tipo “Posso mettere il cane in una lavatrice IKEA” oppure “Scusate avete dei tergiminchie automatici?”, mi guarda, mi fa segno che tra pochissimo qualcuno mi aiuterà, ma intanto ridacchia.

Ridacchia perchè… si libera il suo collega! E’ il momento, non posso permettere a un norvegese di infilarsi nella fila (devo dire che non lo fanno ma se oggi qualcuno ci avesse provato lo aggredivo a colpi di politica italiana). Il collega che avevo puntato ridacchia.

“Salve, parla inglese?”

“Si certo.”

“Fantastico. Puoi aiutarmi con un tavolo?”

“Veramente è lei che ti può aiutare coi tavoli.” Mi indica la sua collega a fianco. La collega effettivamente non è sotto un enorme cartello “ASSISTENZA VENDITE” ma è vicino a un computerino blu tipico dei punti informazione. Peccato che anche da lei sono andati tutti quelli che avevano bisogno dell’assistenza vendite, quindi non prendermi per il culo caro il mio Odd Eric o come cacchio ti chiami.

“Senti, è QUARANTA minuti che aspetto di parlare con qualcuno per un fottutissimo tavolo, okay che non è una cucina ma voglio il mio tavolo!”

“Okay okay, finisco sta carta e arrivo”

“Okay”

“Ho capito! Finisco sta carta e arrivo” <— Mah?

Riesco finalmente ad avere i dati del mio tavolo per scoprire che devo andarlo a prendere in un magazzino abbandonato a 2 km da Slepander. Vabbè, mi vengono a prendere con la macchina, direi che ce la si fa.

Ormai sono le 21, ora dell’appuntamento con il padrone di casa, devo fare in fretta! Mi brucio tutta la zona mercato, tanto il pattume già l’avevo comprato durante la prima spedizione. Mi fiondo alla zona pickup dei mobili per prendere le mie sedie e il tavolo da cucina. Mi girano ancora un po’ le balle ma la simpatica Hannah mi aiuta a prendere i mobili dai posti più improbabili e mi conferma che purtroppo le sedie che voglio non sono in stock nè qui nè a Furuset e non si sa quando arriveranno. Seccatura.

Pago, il cassiere è un ragazzino arabo di nome Adib che alla domanda “Scusa parli inglese?” mi risponde stizzito “Certo, cosa credi??”. Finalmente mi vengono a prendere, ci perdiamo nelle campagne fuori Oslo cercando il magazzino IKEA (padrone di casa: “Eh, io mi perdo sempre in questa zona, lol”, ah se ti perdi tu siamo a posto guarda) ma verso le 22 sono a casa con tutto il mio ciarpame.

Già la vedo grigia, qua bisogna montare tutto. Pensavo di farmi prestare gli strumenti ma qui avviene il miracolo. Il mio padrone di casa, “un farm boy” come si definisce lui, sa fare tutto! Monta cucine, tavoli, astronavi, aeroplani, bombe atomiche, tutto quanto, in pochi minuti e senza fare casini. E’ incredibile, sembra un bambino con dei pezzi di Lego che ha già montato decine di volte: sa cosa mettere e dove. In un’ora scarsa abbiamo montato tutto in maniera solida e senza pasticci.

 Che sollievo…

I saluti di oggi a Irene e alla sua carne di renna secca. Mi informerò quanto prima.

Contrabbando!

febbraio 1, 2008

Eccomi qui tornato in Norvegia dopo una breve capatina in Italia per burocrazia varia…

La notizia di oggi è: Lode lode lode all’aeroporto di Amsterdam, Schiphol! (http://www.schiphol.nl/). In questo fantastico aeroporto si trovano tanti bei negozi economici e ben gestiti in cui il personale parla inglese (salve Gen. De Gaulle), è molto cortese e disponibile (salve Gen. De Gaulle) e soprattutto ci sono sconti davvero rilevanti. Per festeggiare alcuni gioiosi eventi mi sono procurato una fiammante PS3 (una delle quattro rimaste, poi dicono che non vende) con un lievissimo sconto di 70 euro rispetto all’italia e di soli 169 rispetto alla norvegia.

Non ero per la verità granchè sicuro che in dogana non mi avrebbero fatto storie, anzi a dirla tutta sono abbastanza sicuro che avrei dovuto dichiararla perchè è nuova con tanto di ricevuta e garanzia valida a livello mondiale (ve l’ho detto che Amsterdam Schiphol è uno degli aeroporti più belli della Terra? e ne ho visti tanti eh). La prima preoccupazione che mi è venuta è stata dove infilare questo grosso pacchettone giallo con il vistoso logo See Buy Fly di Schiphol. Fortunatamente sono stato previdente, sapevo di volare su un Boeing 737-400, è enorme, figurati se non ha scompartimenti adeguati.

E infatti li aveva. L’altra preoccupazione, ben più grande, era di essere già bardato all’inverosimile e quindi facilmente soggetto a controlli. Tra valigia eccedente il peso concesso (26 Kg), borsa del portatile, zaino, pacchettone misterioso giallo enorme, ero decisamente sospetto.

Tutto il mondo è paese pare, perchè alle 11.30 di sera il personale della dogana di Oslo era già ampiamente abbioccato su morbidi cuscini di filetto di salmone. Ho preso le mie cose e con naturalezza sono uscito senza che nessuno mi dicesse niente. Missione compiuta, ho importato una PS3 in barba ai ladrpardoncommercianti locali che te la vendono a 500 euro!

Flavor di oggi: Flag Bikinis!

Salve vorrei un PSG-1

gennaio 27, 2008

Post speciale del blog dall’italia! Sono tornato qualche giorno per sbrigare alcune formalità burocratiche, niente di che.

Prendendo atto della contestazione di Ido Gi, noto DJ house di New York, che lamenta una eccessiva deviazione seriosa del blog, oggi parlo di vaccate così sono tutti più felici.

L’aereo di rientro per l’italia è stato davvero simpatico. L’Oslo – Amsterdam era pieno di bambini frignanti e urlanti, uno strazio indicibile. Sull’Amsterdam – Bologna invece avevamo il marocchino ubriaco (e qui potrei aprire una parentesi su certi tipi di personaggi che si rendono protagonisti di certi eventi e che per qualche motivo strano hanno sempre un certo tipo di provenienza) che minacciava la moglie e in momenti di follia si picchiava da solo. Quando siamo arrivati a Bologna l’hanno fatto scendere per ultimo solo che invece di salire sull’autobus è stato atterrato dalla sicurezza dell’aeroporto e dalla polizia prontamente già piazzata al parcheggio del velivolo. Probabilmente indelicate le risate di tutti i passeggeri che godevano non troppo segretamente del rapido smistamento dello scomodo squilibrato, ma vi confesso comprensibili. E’ vero che c’è un certo gusto sadico che appaga un po’ tutti quando si vede qualcuno che vi ha assillato con urla, suoni e odori per due ore finire nei guai, però devo dire che quel tizio faceva davvero pietà.

Passiamo a qualcosa di più ameno, ho riparato al furto della mia Nikon L2 comprando una Nikon L15 ad Amsterdam con uno sconto colossale, rendendo Amsterdam il mio aeroporto preferito. Devo dire che mi urta non avere ceduto alla tentazione natalizia della PSP perchè c’era un buono sconto che non è più applicato, ma potrei riparare comprandola qui in Italia. Ci sono davvero troppe cose belle per ignorarla! (http://www.locoroco.com/ ad esempio)

Sto anche meditando se comprarmi un bel Sony BRAVIA a 32” in norvegia da abbinare alla mia PS3 (anche questa da comprare) ma i miei piani oggi sono sfumati quando guardando l’elenco delle release ho visto che la data di rilascio di Final Fantasy XIII è slittata dal 29 marzo al 29 SETTEMBRE. Ma come Settembre!!!!!!!!!!!!!! Dannazione!!!!!

Sono molto amareggiato, mi stavo preparando psicologicamente a spendere dei soldi e ora mi tocca aspettare. Che fastidio.

Home sweet home

dicembre 10, 2007

Oggi finalmente dopo numerosi input di Jo (premurosa responsabile dell’ufficio personale, non il mio pg di FFXI) ho cominciato a cercare una casa in cui stare. La munifica società per cui lavoro infatti mi mette a disposizione un simpatico alloggio per un mese con però l’esplicito avviso di levarmi dai piedi il prima possibile. E’ vero che sono arrivato all’inizio di dicembre e che quindi godrò di un “grace period” (l’ha detto Jo questo) ma devo comunque trovare alloggio in fretta.

Tutte le ricerche cominciano da qui, www.finn.no, un comodo sito completamente in norvegese che tra mappali del catasto e foto più o meno suggestive guida l’aspirante inquilino nelle gioie della vita norvegese…

Mapperfavore. Nelle gioie degli affittuari che per dei buchi di 25 metri quadrati ti decurtano lo stipendio di 1000 e rotti euro in un colpo solo! Gli affitti qui a Oslo sono molto cari al punto che nonostante le mie migliori intenzioni probabilmente chiederò al francese se vogliamo trovarci una casa insieme. Dovrò resistere per evitare di odiarlo dopo 10 giorni ma mi sembra un tizio a posto e divertente anche se è piuttosto diverso da me. Dopotutto è sempre un latino, le cose potrebbero anche andare bene. E poi si è portato dietro una Xbox 360, un Wii e svariate palate di giochi, come compagno di casa non è mica schifoso alla fin fine :D.

Per rimanere in linea con la categoria di oggi, ovvero spendere, mi sono fatto un cellulare norvegese con la Telenor. Pare che i prezzi delle telecomunicazioni qui si siano molto livellati. Ci sono due o tre gestori ma per i servizi di base costano tutti uguale (poca cartellizzazione -.-). Con 150 NOK ci si porta a casa una bella SIM prepagata con 50 NOK di traffico prepagato dentro. Mi sono comprato altre 150 NOK di traffico (domani in ufficio chiederò a un collega norvegese se mi fa vedere come si naviga nei menu telenor dato che le simpatiche vocine registrate non prevedono la ripetizione in inglese) e credo che con il telefono sarò a posto per un bel po’. A chi le devo fare tutte ste chiamate?

Saluti di oggi al Lord-V che mi ha quasi convinto a non prendermi casa da solo.