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This means WAR

gennaio 15, 2012

Salve a tutti,

Purtroppo ci risiamo, ancora vicini rompiscatole. Questa volta abbiamo delle teste di ******* che fumano marijuana tutti i santi i giorni. Due, tre, quattro volte al giorno. Purtroppo sono nell’appartamento a fianco però ogni giorno torno a casa e c’è un tanfo inverecondo ovunque nel mio monolocale.

Non me ne fregherebbe troppo, se non fosse che ormai sono allergico anche al fumo e continuamente aprire la finestra con -30 fuori non è una cosa facilissima.

Sono già stati cortesemente (sul serio) invitati dal sottoscritto a cambiare l’aria, ha parlato loro il portiere e il padrone di casa. Osservo le loro finestre spesso e quando le aprono, lo fanno di uno spiraglio, a conferma del fatto che non gliene frega nulla, sono solo un branco di imbecilli irrispettosi.

Ieri notte, raro caso di Sabato casalingo a causa di una cortese temperatura esterna di -30° C, all’una, mentre provavo a dormire ho avuto una bellissima reazione allergica perchè gli emeriti di cui sopra si sono prodigati nella loro tipica attività. Confesso che ho avuto paura per un momento perchè è stata brutta, mista poi alla furia è stato davvero un risveglio allucinante, tremavo.

Basta, ho pensato, sono stanco di farmi mettere i piedi in testa da gentaglia irrispettosa. Le buone non hanno funzionato, non mi resta che chiamare la polizia.

All’una e quindici chiamo il 911, ero veramente nervoso, ho dovuto ripetere le cose circa tre volte ognuna, dall’indirizzo al nome. La signorina che mi ha risposto (in meno di un secondo!) è stata davvero molto disponibile e ha fatto di tutto per calmarmi.

“D’accordo signore, le mando una volante”. Rassicurante.

La polizia arriva dopo circa dieci minuti, mi aspettavo che suonasse il citofono, ma così non succede. In qualche modo riescono a entrare e li osservo dallo spioncino della porta. Sono in due, sono del corpo di intervento, hanno il giubbotto anti proiettile e le armi. Bussano con prepotenza alla porta, mi aspetto un diverbio.

Contrariamente a quanto mi aspettassi, non succede molto. La porta si apre, i poliziotti intimano in maniera perentoria di andare a fumare la loro m**** da un’altra parte e… finisce lì.

Già.

Non so bene cosa si siano detti ma dopo un trambusto di qualche minuto, la puzza è finita e ho sentito svariata gente andarsene. Forse c’era un party di teste di c****, chi lo sa. D’altra parte è noto, gli imbecilli si radunano sempre in gruppi omogenei.

Adesso è domenica, per ora è tutto tranquillo. Oggi ho da fare, ma domani segnalo questo branco di s****** al dipartimento di polizia locale qui dietro.

Saluti di oggi a quella buonanima della mia amica Sarah che mi ha tirato su nonostante fosse il cuore della notte e fosse a casa con la febbre.

Chiudiamo il 2011

gennaio 2, 2012

Salve a tutti!

E’ stata una fine d’anno piuttosto intensa, perciò recupero un po’ col classico post riassuntivo.

Sono in Italia dal 18 dicembre per qualche giorno di vacanza, motivo per cui non ho speso più di tanto tempo al PC. Il rientro è stato piacevole, sono riuscito a volare con l’Airbus A380 della gloriosa Air France provocando l’invidia di CarMas e riuscendo finalmente a provare l’ebbrezza di questo gigantesco aeroplano. L’esperienza è magnifica, l’aereo è silenziosissimo nonostante le quattro gigantesche turbine.

Mi sono reso conto della enormità del velivolo quando siamo atterrati a Parigi, scendendo dalla passerella ho potuto vedere uno dei motori: sembrava ben più alto di me! Non solo, il fatto che l’aereoporto ci avesse assegnato un’area di stazionamento periferica faceva risaltare ancora di più la grandezza dell’A380, tutti gli altri aerei parcheggiati erano degli A310 o simili: era come essere un bambino in mezzo a un campo pieno di formiche.

Parlando di Parigi, ho constatato con piacere che si sono dotati di una grande quantità di personale aeroportuale multilingua: sono finiti i tempi del francese a oltranza, addirittura ho trovato molto personale disponibile a parlarmi direttamente in italiano. Non ne ho bisogno ora che parlo bene anche il francese, ma l’ho trovato molto soddisfacente.

Una parola anche sull’unico evento straziante di questo rientro natalizio. Sul volo per Bologna sedevano due famigliole campane (credo napoletane, dall’accento). In una, la mamma aveva completamente perso il senno, era convinta che avessero caricato sull’aereo il passeggino sbagliato: lo raccontava a tutti, strepitando in maniera angosciante. Io avevo un sonno incredibile, non sono riuscito a provare compassione per questo dramma.

L’altra mi sedeva accanto: madre, figlia e i due figli della figlia. Il pargolo, che chiameremo Sigismondo per essere sicuri che non sia il nome corretto, aveva un simpatico vizio: l’iperattività. Visto il sistema di numerazione dei posti, ha cominciato a declamare l’alfabeto italiano svariate volte di seguito, illustrando alla madre tutta la sua perizia linguistica. La madre devo dire è stata piuttosto solerte nel far tacere il piccolo Sigismondo, ma questo è stato il momento migliore:

“A B C D E F G H I L M N …”

Ninja si gira e guarda il bambino.

“…o pi qu…”

*Silenzio*

Un bambino intelligente, alla fin fine. Bravo Sigismondo.

Parliamo un po’ di novità internazionali, sono sicuro che abbiate seguito la crisi gravissima che affligge la Norvegia: manca il burro. In uno dei paesi più noti al mondo per la gastronomia infatti, si è diffusa una dieta di cui ammetto non conoscere granchè se non la necessità di consumare ingenti quantità di burro. Sono abbastanza stupito che esista una dieta del genere, ma d’altra parte di creduloni è pieno il mondo, quindi alla fin fine mi rendo conto che è uno stupore da sopravvalutazione dell’intelligenza.

Tralasciando i motivi per cui questa dieta esista, ha avuto una conseguenza precisa: l’esaurimento delle scorte di burro norvegesi. Prima di partire per l’Italia mi hanno raccontato deliziosi annedoti su questo problema che la Norvegia sta vivendo: estoni che provano a portare burro di contrabbando e vengono fermati al confine, inutili ingiunzioni governative alla Tine (la più grande industria di latticini norvegese) per “risolvere il problema” escludendo a prescindere la possibilità di rilassare le rigidissime tasse sull’importazione, le altrettanto inutili lamentele della Tine che supplica di poter semplicemente importare qualcosa dall’estero a prezzi decenti per un mese o due mentre si risolve la situazione.

Una situazione davvero esilarante che mi conferma come Norvegia e cucina possano stare nella stessa frase come legalità e S.B., evviva!

Cambiando argomento del tutto per parlare finalmente di qualcosa di interessante, faccio qualche accenno sul movimento Occupons Montreal che ha animato la città per due o tre mesi, come da richiesta del buon Cesare. Non mi dilungo troppo sul movimento Occupy Wall Street e i vari We Are The 99%, sono sicuro che sappiate cosa sono e se non lo sapete Google è pronto ad aiutarvi.

Senza quindi dilungarmi troppo su questi movimenti, mi limito a dire che sono forme di protesta attiva ma pacifica contro il sistema capitalistico controllato dai pochi potenti della finanza. So che suona ipercomunista ma non lo è necessariamente, è un movimento con molte anime, ci sono chiaramente correnti comuniste così come ci sono correnti post-liberiste/capitaliste. Non volendo trasformare questo post in una dissertazione di carattere politico, invito gli interessati a chiedere a Google di parlarvi di tutte queste cose.

Occupons Montreal è la manifestazione locale di questo movimento. Dopo avere aperto un accampamento in Square Victoria, una prestigiosa e importante piazza del centro dove hanno sede le torri delle banche più importanti, il movimento si è caratterizzato immediatamente per la sua forte impronta pacifica. Le giornate si sono susseguite nella più grande tranquillità mentre i manifestanti piantavano tende e istituivano cucine all’aperto di pubblico accesso. Nessuna arma permessa sul campo, nessuna rissa, nessuna violenza di alcun genere.

L’accampamento è andato avanti per intere settimane tra letture di poesie da parte di poeti locali a comizi publici, tra notti dubstep a danze tribali: una piccola cittadina nella città, festosa, popolare e rustica.

Contrariamente ad altre città del Canada che hanno reagito in maniera molto più vigorosa (compresa Quebec City), il municipio di Montreal sceglie una strada morbida: “Montreal è una città accogliente. A nessuno verrà impedito il diritto di manifestare. L’unica richiesta che abbiamo è il mantenimento delle condizioni di sicurezza nonchè di quelle igienico-sanitarie.”. Una richiesta che trovo ragionevole.

Vengono quindi inviati i poliziotti sul luogo (BEN due): i Conciliatori. I Conciliatori sono figure speciali della polizia che hanno il compito di mediare i piccoli conflitti che possono emergere in una città, sono scelti tra i poliziotti che hanno maggiori capacità sociali e permettono di evitare tanti piccoli reati nonchè tante cause civili: perchè impelagarsi in cause e stress quando con un po’ di buon senso si può arrivare a un accordo? E’ una figura davvero interessante.

I Conciliatori non trovano niente di particolare nell’accampamento, una delle tende è pericolante e la fanno smontare, ma lì finisce tutto. Sopraggiungono anche i pompieri per assicurarsi che ci siano bagni chimici funzionanti e che non ci siano pericoli di incendio, anche qui nulla di particolare.

I problemi cominciano ad arrivare alla fine di Ottobre: l’accoglienza della cittadella attira molti senzadimora della città. Nulla di male in questo, ma molti degli attratti sono personaggi noti alle forze dell’ordine per avere seri problemi mentali. Dopo l’aggressione di una giovane coppia all’interno dell’accampamento, il sindaco comincia a preoccuparsi delle condizioni in cui si trova la piazza e richiede l’istituzione di un servizio di sicurezza.

Nonostante tra gli obiettivi di Occupons Montreal ci fosse l’assenza di un servizio di sicurezza “perchè non dovrebbe essercene bisogno”, i manifestanti ottemperano realizzando che nel campo non si trovano solo loro ma personaggi che possono essere o diventare pericolosi.

A Novembre comincia a fare freddo, i manifestanti annunciano di voler passare l’inverno a Square Victoria e il municipio si dichiara estremamente preoccupato: come faranno a sopravvivere al freddo? A Montreal non si scherza, ci sono circa 35 tempeste di neve l’anno e il peso di tanta neve schiaccia facilmente qualsiasi tenda.

La risposta dei manifestanti non si fa attendere, cominciano a costruire casette di legno sgangherate per ripararsi dal freddo. L’idea è intelligente ma segna purtroppo l’inizio della fine. E’ illegale infatti edificare in mezzo a una piazza pubblica, inoltre anche volendo essere flessibili, quattro casette sgangherate circondate da materiale elettrico nascondono insidie di ogni tipo tra crolli, incendi e infortuni.

Comincia il braccio di ferro con il municipio che intima in maniera categorica che vengano smantellate tutte le strutture rischiose. Dopo quasi due settimane di tira e molla, viste le condizioni del campo ormai pieno di personaggi con problemi di sanità mentale, il movimento riconosce di avere avuto una ottima possibilità di rendersi visibile e accetta quindi di smantellare il campo: non passeranno l’inverno in piazza ma continueranno le proprie iniziative sparsi per la città, online e nei locali.

Tornando a casa una sera quindi vedo manifestanti e pompieri che con calma e civiltà smontano le strutture della piazza. Di poliziotti non si vede l’ombra, l’atmosfera è tranquilla, i netturbini sono qui e lì che spazzano, raccolgono i rifiuti e puliscono.

Forse il finale è stato brusco, ma ho trovato tutto l’approccio molto civile. Occupons Montreal è durata circa tre mesi pacifici e assolutamente civili.

E’ tutto per oggi, tornerò a Montreal il 3 gennaio, pronto a un altro anno di avventure.

I saluti di oggi in ordine sparso: CarMas (la sfiga di capodanno è dietro l’angolo), la Contessina Serbelloni Mazzanti Vien Dal Mare, Jimme la vipera & il Gov. Marley, Kru & Il, Ido Gi (noto intenditore di dolci ugandesi) & Noa, Frau enui & Max, Candycane (welcome home) & Cry, Maxime le Supreme, Rusk, Andrè & Niq e ovviamente, Mimistofele, Flaust, Fanz e tutto il Team.

Ci pensa Peppino

dicembre 1, 2011

Salve a tutti!

Come auspicato dal buon Cesare che è sempre devo dire un validissimo suggeritore di argomenti per il blog, oggi parlo di un atto ignobile che ho compiuto, sprezzante delle dichiarazioni di Riccardo Muti, grande compositore d’orchestra e rispettabilissima persona (nessuna ironia, qui).

Di che vigliaccheria vado cianciando? Ma è semplice, mi sono iscritto all’AIRE, muovendo quindi la mia residenza dall’Italia al Canada. Non mi addentro nei motivi per cui ho fatto questo, non sono particolarmente divertenti perciò ve li risparmio.

Per iscriversi all’AIRE, ovvero l’Associazione Italiani Residenti all’Estero, è necessario registrarsi presso l’anagrafe del Consolato o dell’Ambasciata di riferimento. A Montreal c’è un consolato generale, perciò è chiaro che non mi reco fino a Ottawa (lì si trova l’Ambasciata) ma mi registro qui in Quebec. Avviso in ufficio che oggi arriverò tardi perchè devo sbrigare alcune pratiche burocratiche e mi armo di santa pazienza, già sapendo che girare per uffici potrebbe richiedere un sacco di tempo.

Arrivo al nostro consolato, deliziosa villetta su Rue Drummond in pieno centro, verso le otto e quarantacinque. Mi sembrava di ricordare che gli uffici aprissero alle otto e quindici, ma con poco piacere scopro che l’apertura è alle nove. Vabbè, quindici minuti all’aperto si possono sopportare, ci sono dieci gradi in questi giorni, alla fin fine non è un problema.

C’è un piccolo gruppetto di persone che aspetta fuori dal consolato, in attesa dell’apertura, una sfilata di personaggi tratti dal grande libro degli stereotipi. Davanti a me, una signora silenziosa che si guarda attorno leggermente divertita. Non ha spiccicato mezza parola, non credo fosse italiana. Davanti a lei la classica comare meridionale, statura ridotta, diciamo leggermente tarchiata, foulard nero in testa, tutta vestita di scuro. E’ lì con il marito, accento del centro sud. Davanti a questi due, ometto romano con baffetti neri e piglio deciso. Di fronte a tutti… un uomo non più giovanissimo con dei capelli estremamente tinti di rosso carota e un chiarissimo accento napoletano: lo chiameremo Peppino.

Nei quindici minuti passati in coda fuori dal consolato, Peppino vessa il romano con una quantità di pontificazioni tali che mi devo girare per non far vedere che sto ridendo. Peppino è un grande maestro dello scibile umano, lui sa tutto, conosce tutto e come si vedrà tra poco, conosce tutti. Ecco che sbotta sul piano di austerity del governo: “Sono balle! In Italia tutti hanno i soldi, tutti! E’ loshtàato che si mangia tutto!”. E ancora, gli immortali dello sport: “Uè ma l’hai visto o’Napoli ieri? Eh, certo che quando c’erammaradona eh…”. Qualcosa sui politici: “Quanto sìccontento che berluscona s’è levato aaaah *sospiro di sollievo*”.

Ne ha veramente una per tutti quanti, sul bilinguismo in Quebec, sugli italiani all’estero (“iccà non sono più italiani, manco l’italiano parlano, mica come ammia”), sulle tasse, sugli investimenti, sulla burocrazia, lo sport, la cucina (“ehh ma come si mangia in italia mai qui ehh”). Veramente un tuttologo. Non sta zitto un secondo e ovviamente da perfetto stereotipo parla con un megafono in bocca quindi ignorarlo è molto difficile.

Finalmente il consolato apre, arriva una guardia della sicurezza che ha una bandierina italiana sul braccio. Peppino non può fare a meno di commentare: “Uii, chist’è italiano pruoprio! Pure la bandiera sul braccio tiene!”. Vi risparmio di descrivere con che faccia l’ha guardato l’agente.

Entriamo dentro e ci rimettiamo in coda al metal detector. La procedura è semplice, si passa il metal detector, si dice all’agente di guardia che cosa si è venuti a fare e si riceve un biglietto corrispondente allo sportello di cui si ha bisogno. Semplice… per tutti tranne Peppino, perchè lui ne sa una più del diavolo.

Dopo avere investito più di due minuti a parlare con l’agente di sicurezza che voleva fare sottintendere che i controlli di sicurezza sono un po’ meno stretti sui cittadini italiani rispetto a tutti gli altri visitatori dell’ufficio senza però volerlo (e immagino poterlo) dire esplicitamente, Peppino finalmente rivela perchè è qui: deve rinnovare il passaporto. Una cosa semplicissima… per tutti tranne Peppino. Il nostro eroe infatti ha bisogno di “una carta molto complicata” che deve essere redatta “non da una segretaria, ma da una persona più importante, al di sopra”. La discussione si sussegue confusa per qualche minuto, mentre tutti gli altri in fila cominciano a spazientirsi. La guardia gli chiede candidamente:

“Senta, ma lei lo sa il nome esatto di questa persona che deve produrre questa carta che lei dice?”

“Errr uhmm bè no.”

“Allora, prenda questo biglietto, parla con l’impiegato e ci pensano loro.”

Tutto il resto della fila viene sbrigato in un paio di minuti, perchè fortunamente non siamo dei peppini e non abbiamo carte speciali da far rilasciare da impiegati speciali.

Accedo quindi all’area uffici vera e propria, Peppino è lì che parla (ancora a voce altissima) con un impiegato attraverso il vetro. Insiste ancora che non vuole parlare con questa impiegata, lui deve parlare con “uno più importante”. Al consolato cominciano a spazientirsi e a non sapere che cosa voglia Peppino. Non si sa chi sia questa persona con cui deve parlare, nè che cosa sia questa carta “speciale” di cui ha bisogno. Tra parentesi, quando Peppino dice carta, in realtà intende documento. Uso il termine carta solo per una più verosimile trascrizione indiretta.

Dopo alcuni minuti di discussioni che non portano a nulla, dicono a Peppino di sedersi e aspettare che pensano loro a risolvere la questione. Liberatosi quindi lo sportello principale, precedentemente occupato da Peppino, io riesco a iscrivermi all’AIRE, i due coniugi riescono a ottenere il loro certificato ASL, dei tizi che sono arrivati nel frattempo ottengono il visto turistico per venire in Italia e un tizio del Suriname riesce a ottenere il visto turistico per l’Italia.

Io sto per andarmene quando Peppino comincia a montare in escandescenze: “Ma come! Io devo rinnovare il passaporto! Ero primo! E ancora non ho risolto niente! Io devo parlare con una persona, e non mi ci fanno parlare! Che modi sono questi! Questo è uno schifo! I soliti uffici italiani dove non funziona un accidente!”. La più stereotipata sceneggiata napoletana, con tanto di Uè, gesti vari e incavolature.

Non so che cosa sia successo a Peppino, onestamente gli auguro di avere risolto coi suoi documenti, perchè non vorrei ritrovarmi questa zecca di nuovo in coda un’altra volta.

Il resto della mattina l’ho passato purtroppo facendo qualcosa di poco divertente: telefonare all’agenzia delle entrate federale riguardo una supposta irregolarità della mia dichiarazione dell’anno scorso. Ebbene, tra lo scetticismo della nostra ragioniera che con sufficienza mi ha detto “tsè, figurati, non riconosceranno MAI che la lettera che ti hanno mandato è sbagliata e che quindi seguendola commettevi una irregolarità”, sono riuscito a ottenere da una signora molto collaborativa esattamente questo :D. Posizione regolarizzata, nulla da pagare perchè l’errore è dell’agenzia delle entrate e non mio!

Saluti di oggi a Candybee, May, DoDoDi, Figarella Racing Team (specialmente Micheal L. e Viggo per il Vegas GT2011) e a Kei (che è in quel cesso di Manitoba a farsi due scatole così :P).