Archive for the ‘Norvegia’ Category

C’era una volta l’America

agosto 7, 2009

Salve a tutti!

Oggi parliamo di quanto è bello vivere in un paese sotto alcuni punti di vista estremamente civile. Di certo non per l’educazione degli infanti, ma sull’onestà c’è poco da dire.

Un breve antefatto. Molti anni fa sono stato a Boston per una riunione del Figarella Racing Team, tutti quanti a casa di Micheal Figarella che in quei giorni abitava lì nel New England. Ci siamo divertiti un mondo ovviamente ma non è questo ciò di cui voglio parlare. Lì a Boston ho comprato un cappellino da baseball (che cosa originale direte voi) di cotone dei Boston Red Socks. Difficile fare qualcosa di più americano.

Ebbene, quel cappello di ottimo cotone fabbricato in Wysconsin ce l’ho ancora. E’ ancora rosso con la sua bella visierina blu e la B di Boston sopra. Lo porto in giro da anni e vi dirò, ci tengo, ci sono affezionato.

Mia madre lo odia visceralmente e oggi i suoi desideri stavano per avverarsi! Stavo uscendo dall’ufficio per andare all’ipermercato di fronte per fare un po’ di spesa e intanto parlavo al telefono proprio con mia madre. Senza badare troppo ai dintorni ho fatto la spesa, sono andato alla cassa a pagare e poco dopo ho finito la telefonata.

Uscito dalla cassa mi sono guardato attorno, rovistandomi le tasche. Dov’è il mio cappello?

Come chi mi conosce sa, sono abitudinario, le cose le metto sempre negli stessi posti, non mi piace complicarmi la vita. Fruga qui, fruga lì… Questa tasca ha solo due tasche dannazione, dov’è finito?

Mi sono rifatto a piedi tutte le corsie del supermercato ormai deserto, ho chiesto ai cassieri che ormai mi conoscono se avevano visto il mio cappello ma nulla da fare, nessuno lo ha visto.

Dopo avere girato per circa dieci minuti all’interno del supermercato come un disperato, seriamente in pena per il mio storico cappellino, ho deciso di uscire e tornare verso l’ufficio. Magari l’ho lasciato sulla scrivania… improbabile ma potrebbe essere. Oppure magari mi è caduto da una tasca ed è per terra, magari sarà malconcio ma lo recupero. O magari me l’hanno rubato! Pensa un po’ sono l’unico pirla che riesce a subire due furti in Norvegia! Ma sarò scemo?!

Ebbene… Tornando a piedi verso l’ufficio noto qualcosa appoggiato sulla siepe appena fuori la nostra sede: il mio cappellino dei Boston Red Socks, educatamente poggiato lì, in attesa che il suo legittimo proprietario lo recuperi.

Chiunque sia stato, grazie. E’ solo uno sciocco cappello, ma ho alcuni oggetti a cui tengo.

Fatti una Culo!

giugno 28, 2009

Salve a tutti, si vede proprio che non sono tagliato per fare il blogger. Non importa, non contavo di aprire il blog più popolare del pianeta, ma capisco che i lettori siano vogliosi di stupidaggini norvegesi, quindi è giusto soddisfarli.

Mentre in Italia il referendum casualmente fallisce grazie all’idiozia sistematica dei Radicali e al boicottaggio del regime neofacista, io qui mi godo un cospicuo rimborso delle tasse che mi ha assalito di sorpresa, rendendomi Giugno un mese eccezionale. A giugno infatti non si pagano le tasse e arrivano i rimborsi dell’anno precedente, rendendo questo mese quello della cuccagna.

E’ interessante il ritmo dell’anno fiscale norvegese, ecco come funziona. Le tasse si pagano a Marzo-Aprile, in questo periodo si presenta anche la cedola per i rimborsi e si presentano tutte le richieste di detrazione. Da metà Giugno il fisco (l’onnipresente Skattetaten) comincia a pagare i rimborsi, inoltre a Giugno non si pagano tasse e vengono pagati i giorni di ferie secondo alcuni conti di cui non mi sono molto interessato. A Dicembre infine tutte le tasse sono dimezzate.

Qualche precisazione sui rimborsi delle tasse: praticamente tutti hanno diritto a un qualche tipo di rimborso. Quello che succede infatti è che le tasse vengono imposte direttamente sullo stipendio e sono a percentuale pressochè fissa (alta per tutti!), tuttavia queste percentuali non tengono in considerazione del reddito minimo tassabile. Conseguenza di questo è che pur non avendo diritto a nessuna detrazione speciale, hai sempre diritto a un rimborso delle tasse, poichè alla fine dell’anno tu avrai pagato tasse sul tuo intero imponibile lordo a cui però poi il fisco deve detrarre il reddito minimo e ricalcolare l’imponibile.

Facciamo un esempio numerico giusto per capirci. Prendiamo uno stipendio casuale norvegese, diciamo 25,000 NOK al mese lorde, ovvero 300,000 NOK l’anno. Ogni mese tu ricevi la tua bella busta paga da 25,000 NOK con una detrazione alla fonte del 36% (28% se sei straniero per i primi due anni), ovvero 16,000 NOK (18,000 NOK se sei straniero). Ne consegue che alla fine dell’anno hai versato al fisco 94,500 NOK (ricordate che a giugno non ci sono tasse e a dicembre sono la metà) su 300,000 ovvero il 31,5%. Tuttavia, anche in Norvegia esiste il concetto del reddito minimo tassabile che quest’anno è 67,000 NOK, quindi questo valore deve essere sottratto dal tuo imponibile lordo, in questo caso 300,000 – 67,000 = 233,000 NOK. Il 31,5% di 233,000 è 73,395 NOK perciò il fisco ti calcola il rimborso sulla base dei 94,500 – 73,395 = 21,105 NOK di differenza. Ovviamente non te li ridà tutti (io quando ho visto il mio rimborso mi sono inalberato abbastanza, pensavo di avere diritto a molto di più…) ma solo una piccola parte, ma è già qualcosa.

Come festeggiare quindi il copioso Giugno? Ma è ovvio! Mi sono fatto una bella Culo, la birra più antica della norvegia!

La Birra Culo, ovvero la Aass (bellissimo gioco di parole per gli anglofoni) è una delle tante birre norvegesi, la fabbrica è a Drammen, circa quaranta minuti da Oslo. Il sapore della birra è al solito di una modestia e di una pochezza infinita quindi non vale la pena recensirla, è una modesta pils non troppo malvagia e nulla più.

Senz’altro vale la pena farsi due risate sul nome però. Tempo fa, quando si atterrava a Gardermoen, l’aeroporto principale di Oslo, venivi accolto da un enorme cartellone blu e oro: “For Gode Stunder…. AASS”.

Se non sai nulla di norvegese e magari sei un italiano faceto, ecco cosa puoi capire: “Per una bella stonata, BIRRA CULO”. Tralasciando il nome stupido della birra, non è che come slogan si discosti molto dalle usanze locali… alcolici scadenti… ubriacarsi di continuo… si direi che ci siamo.

Se magari sai un po’ di tedesco, puoi arrivare al significato: “Per un bel momento, BIRRA CULO”. Questo è effettivamente il significato corretto dello slogan, eccetto ovviamente per il nome della birra.

Quando imparerai il norvegese scoprirai che Aa è solo la vecchia scrittura della lettera å e quindi si legge “oa” (con la a spesso soffocata) e quindi purtroppo smette di fare ridere.

Ma dopo tutto… fatti una risata… fatti una Culo!

Saluti di oggi a Rebecca e ai suoi colorati occhialini stupidi :D.

Russ & Targazzo

Maggio 14, 2009

Salve a tutti!

Oggi parliamo un po’ di cose stupide. Innanzitutto vi segnalo una curiosa usanza norvegese, i “pantaloni rossi”.

Spieghiamo un po’ meglio che cos’è questa roba. Chiunque girasse per le strade della norvegia in questo periodo incontrerebbe ovunque giovani con delle strane braghe rosse (okay qualcuno le ha blu e forse tre in tutta la norvegia le hanno nere) che girano in gruppi o che si infilano su strani autobus dai vetri oscurati marcati in maniera strana, come ad esempio il misterioso “Plan 2”.

Ebbene, questi giovani fanno parte del Russ. Il Russ è una dimostrazione di maturità (vabbè…) che i giovani norvegesi fanno immediatamente prima dell’esame di maturità delle superiori. Il colore delle braghe che portano ha una relazione con il corso universitario che hanno scelto. Originariamente mi dicevano colleghi norvegesi che il Russ è nato come affermazione di maturità da parte dei giovani, stava a significare la presa di coscienza politica della gioventù, qualcosa per dire “Sono maturo ora, posso scegliere una università, posso iscrivermi a un partito politico.”

Ovviamente una dimostrazione di maturità alla norvegese non può fare altro che trasformarsi in una colossale sbevazzata continua. I ragazzi del Russ li trovi ovunque, girano su questi autobus o per le strade per giorni interi, ubriacandosi e riposandosi sui sopracitati mezzi. E’ una festa che dura settimane e che francamente mi lascia basito. Non ho fatto questo gran bell’esame di maturità ma prima dell’esame col cavolo che mi permettevo di oziare per giorni! E’ una cosa davvero fuori di testa. In compenso però il Russ un aspetto positivo ce l’ha, commentato da Giorgione proprio oggi: “Almeno sai che tutte le ragazze in Russ sono legali”. SCORE!

L’altro argomento di oggi è uno sfogo personale. C’è un membro del team in cui sono in questo momento che chiameremo Targazzo. Targazzo è un grosso norvegese, sembra un vichingo rossiccio. Ha una camminata sgangherata, da cavernicolo, una intelligenza limitata, una arroganza illimitata e un atteggiamento da schiaffi.

Quest’uomo “lavora” con noi da molti anni e in tutti questi anni è stato completamente incapace, pur essendo stato manager, di maturare qualsivoglia intuito riguardo i costi. Qualsiasi cosa progetti deve essere completamente riprogettata perchè tutte le sue idee (tutte per nulla originali e basate completamente sugli aspetti visuali e non sulle meccaniche) sono oltre che totalmente ordinarie, costosissime.

Ultimamente ho avuto più di qualche screzio con lui dovuto alla sua totale incompetenza e alla sua completa incapacità di comunicare le sue idee. Qualcuno sostiene che ogni tanto qualche buona proposta ce l’abbia. Io ormai credo di essere accecato dal disprezzo e non vedo in lui nulla di buono se non l’ennesimo pessimo designer norvegese assunto solo per favoritismo e completamente incompetente, senza contare la sua pessima etica professionale.

Ma veniamo all’ultimo evento, opportunamente cambiato per non infrangere nessun segreto. Giusto per farci capire. Allora, facciamo finta di non lavorare nella game industry, ma in una grande industria che fabbrica automobili. Allora Targazzo è uno che fa i progetti di alto livello delle macchine, cioè propone ad esempio di fare un nuovo modello di utilitaria, a 4 posti, che ha questa forma, con l’obiettivo di inserirsi nel mercato delle auto che consumano poco. Sempre in questo scenario, io sarei il direttore tecnico che determina di che pezzi ci sarà bisogno per fare questa nuova auto e in che ordine montarli.

Il progetto che ricevo da Targazzo per la macchina nuova è: “E’ tipo la Toyota Yaris con minime modifiche.”. Come si può notare, questo non è un progetto, è nulla. Non mi da nessuna informazione su come costruire la macchina, nè quali siano le sue caratteristiche. Insomma, non so un bel niente di nulla. Richiedo quindi, circa 12 volte, informazioni a Targazzo che oltre a essere un bugiardo patentato è anche un pigro cronico (non l’ho mai visto prendere meno di sessantacinque pause sigaretta al giorno).

Dopo ripetuti solleciti, arriva il “vero” design. Il vero design è “Allora è tipo la Toyota Yaris con minime modifiche, bisogna andare a prendere i progetti della Fabia (che ha fatto mesi fa tutto un altro team che non ha niente a che fare con questa fabbrica) e cambiare la linea di produzione XYZ per fare Z invece che G.”. A questo punto io comincio a inalberarmi. Questo non è un progetto, è un progetto di produzione di come si fa una macchina… di cui non si sa assolutamente niente.

Morale della favola questa idiozia dovuta alla sua totale incompetenza è andata avanti 3 settimane e mezzo finchè stamattina FINALMENTE non siamo riusciti ad avere uno stramaledettissimo design fatto per bene con le minchia di caratteristiche della macchina scritte.

La sua stupidità non si è limitata anche al momento del “chiarimento”, gli ho detto chiaro e tondo che quello che abbiamo ricevuto non era un design, non c’era nessuna informazione. La sua risposta è stata che lo aveva fatto “per aiutarci e farci risparmiare tempo”. Peccato che come poi ha scoperto (d’altra parte che cosa ne sa lui di come si fanno le macchine? un bel nulla) le linee di produzione della Fabia non sono compatibili con la Toyota Yaris (ma che strano eh, non l’avrei mai detto) e quindi il suo piano di copiare tutto “con minime modifiche” (chissà quali poi) è fallito.

Ho cercato di reiterare che il problema non è la volontà di far risparmiare tempo ai team, tuttavia questa mancanza di design di fatto ce ne ha fatto perdere un casino e che comunque, se pensa che ci sia una implementazione simile, è meglio partire dal design e poi eventualmente suggerire che ci potrebbe essere una soluzione già pronta disponibile da qualche parte.

La sua reazione da bambino imbecille è stata “Va bene allora la prossima volta me ne ben guardo dal dare suggerimenti non lo farò MAI più.”. A questa ennesima dimostrazione di infantile idiozia ho risposto con il vaffanculo velato di cui è fornito l’inglese: “Whatever.” ovvero “Quel che sia/Quel che è/Chi se ne frega”. E’ assolutamente educato. Trasmette a chiare lettere un messaggio: “Vaffanculo.”

Saluti di oggi a Giorgione che mi è stato di conforto e a Maddie.

Sashimi alla norvegese

Maggio 2, 2009

Salve a tutti!

Parliamo un po’ di cucina oggi! Al prestigioso CC Vest, il centro commerciale più grande della Oslo urbana (credo che il Meridiana di Francavilla Fontana (BR) sia grande due volte, ma vabbè), è tempo di saldi! L’articolo di cui parliamo oggi è l’eccezionale filetto di salmone della SALMA, una pregiatissima ditta locale che si fregia di un ottimo sito, http://www.salma.no/ , in cui vantano tutte le virtù dei loro prodotti.

La SALMA di prodotti ne ha moltissimi, BEN due, il filetto di salmone e il controfiletto di salmone. Li vende freschi con garanzia di sigillo dal pescato alla fabbrica in meno di quattro ore. Il pesce te lo vendono in una graziosa confezione bianca in cui è ben visibile la polpa del pesce, in modo che i più esperti (o pignoli come me) possano decidere esattamente che pezzo prendere.

Oggi su ispirazione del sempre valido Fanz, ho deciso che a pranzo si mangiava Sashimi di salmone. Col filetto pregiatissimo di salmone in offerta, come rifiutare?

Facciamo un passo indietro con una doverosa premessa appena si comincia a parlare di sashimi. Se uno va in Giappone e chiede il sashimi di salmone si mettono abbastanza a ridere, è infatti probabilmente il pesce meno pregiato di tutti e non è neanche tanto comune in Sol Levante perchè il pubblico gastronomico preferisce altro. Detto questo, in Europa abbiamo i pesci che abbiamo e trovandomi in Norvegia se mi metto a ignorare pure il principale prodotto locale, finisco a mangiare carta e sabbia perchè non rimane niente a parte forse i pølse di cui non ricordo se ho già parlato.

Messi a tacere i vari puristi del sushi, andiamo a cominciare! (Questa è una citazione, chi la coglie vince un premio)

Non c’è bisogno di molto per fare del sashimi di salmone: serve della polpa di salmone q.b., salsa di soia salata preferibilmente di marca Kikkoman ed erbette delicate a scelta. Io personalmente scelgo il prezzemolo.

Per mia fortuna, ho sempre in casa il mio fido bottiglione da mezzo litro della Kikkoman (che è quasi finito, devo dire) e del prezzemolo, quindi la missione di oggi è trovare un ottimo pezzo di salmone. Il rischio del piatto è chiaramente completamente associato al salmone, se vi rifilano un salmone pessimo, non solo verrà uno schifo, ma sarà anche piuttosto pericoloso da mangiare.

Il salmone viene venduto in due tagli, il filetto o taglio di pancia e il controfiletto o taglio di schiena. Ci tengo a precisare che sono traduzioni dalle pescherie locali quindi si, realizzo che taglio di schiena non significa granchè. E’ solo per intenderci, cari i miei precisini.

Il filetto è il più difficile da scegliere ed è più indicato per i piatti cotti a causa delle molteplici irregolarità che presenta (causa sbudellamento del pesce). Se vi presentassero una fetta di sashimi di salmone trapuntata di chiazze rosso-bluastre, credo che vi fareste delle domande sulla freschezza del pesce. Io da ottimo selezionatore di cibo nei supermercati, mi guardo tutti i pacchi di filetto alla ricerca di quelli meno sberciati.

Oggi tuttavia ci serve del controfiletto, del tutto privo di imperfezioni, da tagliare a fette. Le caratteristiche di un ottimo controfiletto sono poche ma importanti. Innanzitutto il colore deve essere ben omogeneo, un arancione vivo ma non innaturale, che può eventualmente stemperare leggermente verso la coda. Poi, la polpa deve essere estremamente soda. Se vi ricordate come è fatta la polpa di salmone tagliata a filetto, è come se fosse costituita da tanti “piani”. Se i piani restano tutti insieme creando un insieme elastico, il pesce è molto fresco. Se al contrario la polpa tende a separarsi, il pesce non è più super fresco e, mentre potrebbe essere ancora okay per i piatti cotti, non me lo mangerei crudo.

Ho passato cinque minuti buoni a selezionare tagli di salmone per poi portarmi a casa 200 grammi di controfiletto di prima categoria all’esorbitante prezzo di 33 corone (meno di quattro euro).

Il momento della preparazione è alquanto semplice. Ho aperto la confezione di controfiletto e ho potuto appurare con grandissimo piacere che la polpa rimaneva tutta quanta insieme, elastica ma ben compatta: ottimo segno!

Dopodichè, ho preparato un pochino di soia e prezzemolo in un piattino mentre ho tagliato il controfiletto col magnifico coltello da sashimi che ci ha regalato la ditta due anni fa. Il coltello si è ovviamente comportato in maniera egregia. Le fette classiche sono spesse circa 5-8 millimetri, non sono proprio sottili.

A questo punto è il momento della degustazione, ovvero a una a una mi sono imbevuto le fettine di soia e me le sono mangiate alla faccia di tutti i norvegesi e del loro disprezzo innato per il pesce. Due minuti ed era finito tutto. Non male come primo tentativo!

Saluti di oggi a Fanz per l’ispirazione e a Yuna per la consulenza culinaria :).

Tasse norvegesi

aprile 26, 2009

Salve a tutti! Non ho scritto per qualche giorno dato che ho avuto ospiti ma oggi ho un po’ di tempo da spendere sul blog.

In questi giorni ogni buon contribuente norvegese ha ricevuto il modulo di conferma delle tasse, un documento di un paio di pagine che elenca tutte le voci fiscali che ti riguardano. Devo dire che al contrario dei modelli italiani, in cui sono elencate decine e decine di voci anche quando non sono applicabili, il modulo norvegese è particolarmente chiaro, di fatto c’è solo una tabella con tre colonne per ogni voce: “Contributi versati”, “Credito sul contributo” e “Totale”. In pratica ti viene riassunto, per l’anno precedente, quanto hai pagato, a che sconti automatici avevi diritto o che conguagli devi pagare e quanto risulta alla fine dei conti.

La caratteristica di questo modulo è che ti viene spedito a casa, tu come contribuente lo devi firmare e rispedire indietro, anche nel caso in cui sia già corretto e non ci sia nessuna correzione da fare.

Il nostro munifico ufficio personale si è offerto di aiutarci a riempire questo modulo e, udite udite, da quest’anno si può spedire tutto elettronicamente attraverso l’avanzatissimo (pur alquanto spartano!) sito del fisco norvegese, ovvero lo Skattetaten (http://www.skattetaten.no/). La procedura è davvero molto semplice, si entra nel sito tramite un sistema a codice che funziona tramite gli SMS, davvero molto chic!

Ho scoperto con piacevole sorpresa che non solo gli stranieri godono per i primi due anni di una piacevole riduzione del carico fiscale dal 36% al 28%, ma ottengono anche un rimborso delle tasse pari al 50% dei contributi versati! E’ fantastico!

Questa era la parte in cui tutto è bellissimo e magnifico. Adesso vi racconto un po’ cosa succede invece a Giorgione l’australiano, di cui ho già parlato più volte. Giorgione è sposato con una norvegese e vive qui ormai da svariati anni. Poco tempo fa gli è scaduto il visto perciò si è dovuto recare all’ufficio della polizia per il rinnovo. E’ piuttosto curioso, perchè Giorgione è qui da tempo, parla perfettamente il norvegese e nonostante questo deve andare ogni anno a farsi un nuovo visto. Ancora più curioso è il fatto che in un paese dove TUTTO è sotto controllo e tracciabile, per ottenere questo visto debba recarsi all’ufficio di polizia con una certificazione scritta della moglie che afferma di essere ancora sposata con Giorgione. Che sistema moderno!

Giorgione quindi si reca all’ufficio di polizia e dopo tanti anni finalmente chiede di avere il permesso di residenza permanente, quello insomma che a noi europei tirano dietro appena abbiamo un contratto permanente. Una simpatica impiegata cinese gli ha detto che deve fare un corso di 200 ore di norvegese convenzionato con lo stato per poter avere il permesso di residenza. Ovviamente tutta la conversazione avviene in norvegese stretto quindi la reazione di Giorgione è stata un australianissimo “What the fuck?” (=”ma che c…?”). Pare che questa sia la regola ora, se vuoi il permesso di residenza ora devi sapere il norvegese e lo devi imparare attraverso i corsi “ufficiali” che sono studiati per essere spalmati in tre anni.

Dei corsi ufficiali posso dire solo una cosa: tutti quelli che conosco che li frequentano parlano meno norvegese di me e hanno una pronuncia pietosa.

Le avventure di Giorgione non finiscono qui! Anche a lui è arrivato il modulo delle tasse ovviamente. Purtroppo per lui però, quando sono state spedite le cartelle delle tasse, il suo visto era scaduto quindi niente cartella. Questo significa che automaticamente, indipendentemente dalla situazione, Giorgione paga una aliquota fiscale pari al 50% finchè non si regolarizza. Quando quindi sono arrivati i moduli per i rimborsi fiscali, Giorgione ha pensato bene di sistemare la questione, ecco come è andata.

“Salve, dovrei richiedere una cartella delle tasse standard, mi avete mandato quella per gli irregolari.”

“Si, le è stata mandata quella perchè ci risultava che il suo visto era scaduto.”

“Okay, è vero. Però ora l’ho rinnovato e ho un visto valido.”

“Lo deve dimostrare.”

“Come sarebbe che lo devo dimostrare?”

“Certo, lei deve dimostrare di avere il visto.”

“Mi faccia capire, potevate controllare se NON avevo il visto, ma NON potete controllare se ce l’ho?”

“Lei deve dimostrare di avere il visto, quindi deve venire qui all’ufficio così possiamo vedere il visto sul passaporto.”

“…”

Non c’è stato verso, di fronte all’idiozia burocratica Giorgione si è arreso. Domani entra tardi al lavoro perchè deve andare alla Skattetaten a presentare il passaporto.

Saluti di oggi a Chicca, ti ho sognato interessata soltanto a pettegolare! Un sogno veramente strampalato, non me lo ricordo perfettamente ma mi sono ammazzato dalle risate :D.

Santino Reprise!

aprile 18, 2009

Salve a tutti!

E’ successo qualche cosa che mi ha fatto parzialmente ricredere sulla normale mediocrità del cibo italiano all’estero! Dopo avere passato gli ultimi due giorni della settimana lavorativa sui trailer che il nostro ufficio marketing deve rilasciare tra un po’, Giovannone l’Australiano mi ha invitato a cena da Santino’s a Skøyen (v. post precedenti su questo ristorante!) insieme a sua moglie e il mio degno compare francese.

Le alternative a Skøyen per mangiare la sera non sono poi moltissime quindi all’alba delle 18.30 (tardissimo!) ci presentiamo da Santino’s. Mi stava già passando la voglia di cena, però ho voluto dare una seconda chance al locale, dopotutto alcuni piatti l’altra volta mi erano sembrati appetitosi.

Il cameriere che ci accoglie è lo stesso dell’altra volta, quindi in barba a qualsiasi etichetta locale, gli parlo direttamente in italiano. In tutta risposta lui ci tratta italiani e quindi non ci accompagna a un tavolo (un norvegese se non lo accompagni al tavolo ha dei problemi, deve prendere una decisione, non ce la fa, entra in un loop di indecisione totale che lo mette in crisi) ma ci dice amichevolmente di sceglierne uno qualsiasi.

Il menu è il solito di Santino’s, spaghetti, qualche pizza, ravioli, tortellini, tagliatelle e penne. I tortellini e le tagliatelle diciamo che li lascio perdere a priori, però queste pennette salmone e gamberetti, considerato che siamo in una città di pesce, sembrano appetitose. Purtroppo, nel menu sono indicati gli ingredienti e vedo un vistoso “fløte” tra gli ingredienti, ovvero panna. Ci sono un altro paio di piatti col salmone che mi mangerei volentieri, ma accidenti in tutti c’è con ogni probabilità un chilo di panna.

Quando è il momento di ordinare, sfodero di nuovo l’italiano e chiedo quanta panna c’è nelle pennette. La risposta è quella che speravo: “Quanta ne vuoi, me lo dici tu!”. Urrà! Urrà! “Giusto un minimo per dargli il sapore, niente paciugoni”.

Aspettiamo circa 20 minuti per mangiare, il ristorante è mezzo vuoto. Questo mi dice che evidentemente cucinano loro, niente schifezze preparate. I piatti finalmente arrivano, il collega francese si è preso degli spaghetti al ragu che avevano l’aspetto di una montagnola di spaghetti con una cupola rossa solidissima. Un effetto strano, vi dirò. Giovannone si è preso una pizza alla pescatora che a parte essere traboccante di frutti di mare non sembrava poi malaccio. Sua moglie ha preso delle tagliatelle funghi e salsiccia belle pannose, proprio come temevo sarebbero arrivate le mie penne.

E invece no! Le mie penne erano belle asciutte asciuttissime, un filo d’olio, un po’ d’aglio, i gamberetti e il salmone, la panna se c’era era proprio un minimo per stemperare il tutto. Io tutto contento mi sono spazzolato il piatto a velocità supersonica, al punto che i colleghi mi hanno posto delle domande bellissime.

“Ma il tuo piatto era più piccolo?”

“Sembrava meno condito, ma ti è piaciuto?”

CVD, per vendere cibo “italiano” all’estero, o lo intingoli o gli stranieri lo trovano poco saporito/scondito/scialbo.

Santino a Skøyen riceve quindi il bollino “Raccomandato da Ninja” nella guida dei ristoranti italiani in Norvegia.

Saluti di oggi a Giovannone e sua moglie che mi hanno offerto la cena, sono sempre molto affettuosi :). Saluti speciali anche a Fanz che oggi arriva a Oslo e si ferma da me una settimana!

Incredibilmente… ancora Buon Natale!

febbraio 23, 2009

Non c’è niente da fare, questo Natale mi perseguita. Sabato ero tranquillo tranquillo a casa a giocare a Dawn of War II (a tal proposito: stupendo, chiaramente ho preso la Steel Edition riservata per la scandinavia) quando mi chiama Giorgione l’Australiano.

Giorgione è il capo creativo del progetto su cui sto lavorando adesso di cui purtroppo non vi posso parlare. Ciò che importa è che con Giorgione vado molto daccordo, è un tipo simpatico ed espansivo, è facilissimo lavorarci perchè è una persona aperta e comprensiva, inoltre mi rispetta molto poichè ho provato con i fatti che non sono un parolaio ma uno che lavora (tra l’altro bene).

Mi chiama dunque il buon Giorgione e mi offre di andare a pranzare il giorno seguente dai genitori di sua moglie (norvegese) in un paesino a quaranta minuti da Oslo… a gustare il pasto tipico di Natale, il Pinnekjøtt. Chiaramente ho accettato, una domenica “a casa” la passo volentieri. Inoltre stando ad alcuni norvegesi il sopracitato piatto è una cosa davvero tipica per quanto riguarda la cottura di carne alla norvegese, quindi va provata.

Certo, ormai l’esperienza insegna che dei consigli culinari provenienti da nazioni non qualficate (v. gli hamburger di Ermenegildo et al. per i lettori di vecchia data del blog) bisogna diffidare, tuttavia rifiutare per motivi strettamente culinari mi sembrava brutto. Ho anche fatto una semplice considerazione, in Italia senz’altro sarei stato costretto a ingozzarmi di qualsiasi schifezza disgustosa inneggiando alle strepitose capacità culinaria della padrona di casa. Qua in Norvegia queste cose non si fanno, anzi se ti lanci in sperticate lodi risultati imbarazzante e quindi finisci con l’intimidire la tavola. Non sia mai! Ehi, io con Giorgione ci lavoro tutti i giorni, siamo vicini di scrivania, progettiamo insieme tutti i giorni (lui ha le idee, io le raffino e le implemento), mica posso fargli fare una figuraccia con i suoceri!

Arriva finalmente la domenica, io stavo giocando a DoW2 aspettando l’ora di pranzo. Giorgione mi manda un SMS dicendo che la CENA sarà alle 17, quindi partenza da Oslo alle 15.30. Qui ho realizzato che la mia comprensione al telefono è proprio MOLTO scadente (già certe volte non capisco in italiano, figuriamoci inglese biascicato attraverso un cellulare), ma ormai l’ora di pranzo era passata, perciò ho semplicemente aspettato le 15. Scoprirò poi che l’idea è stata ottima.

In macchina siamo in 5, Giorgione, sua moglie Abresia (questa è l’ultima volta che metto la parentesi per dire che i nomi me li invento, mi sa), la loro amica Ariella, il sottoscritto e Romino il Francesino, il collega francese con cui ho convissuto appena sono arrivato in Norvegia. Il viaggio è breve e alle 5 precise arriviamo a Sperdutensund, un paesino di duemila anime completamente innevato.

La casa dei genitori di Abresia è molto carina, completamente in legno, con annesso studio di fisioterapia del papà. Vivono lì anche le sue due sorelle minori, entrambe assai discretazze devo dire. Il salotto-cucina-sala da pranzo è finissimo, con caminetto, collezione di divani tutti rigorosamente diversi ed enorme biciclettona da ginnastica. La tavola è spartana ma fine (sul serio, stavolta).

L’odore è fortissimo, di carne salata. In una pentola un paciugo macilento di quella che sembra zucca bolle schizzando da tutte le parti. Lo so già dove va a finire questo banchetto natalizio.

 Apriamo una parentesi sul Pinnekjøtt. E’ una roba un po’ strana, lo vedi in vendita un po’ ovunque nei supermercati, tutto l’anno. A parte kjøtt che vuol dire “a pezzi” o “macinato”, non ho mai indagato su cosa sia il pinne, ma comunque questa cosa non è altra che una collezione di pezzi di pecora, quasi tutti con osso, che vengono essiccati sotto sale. Quando lo si vuole cucinare, si lascia la carne in acqua per 24 ore a idratarsi, poi la si cucina a bagnomaria in una casseruola. Tutte le parti grasse della pecora si sono però ormai disidratate, quindi diventano dure e possono essere facilmente tagliate via mentre si mangia la carne, che invece assume una consistenza estremamente sfilacciata e un sapore intenso (di sale).

E’ finalmente ora di augurarsi DI NUOVO Buon Natale e comincia il ricco pasto. La carnazza di pecora salatissima si mangia con un purè arancione che non è di zucca come pensavo (alè!) ma di patata, carota e barbabietola o rapa rossa, non ho ben capito. L’entusiasmo per avere evitato la zucca chiaramente è svanito immediatamente. Si accompagna il tutto con una patata bollita (sbucciata, alleluiah) e la marmellata non dolce, quella da carne per intenderci.

Per dirla come va detta, la carne non era niente di che (Giorgione diceva che era perfettamente cotta, quindi immagino che il piatto non mi entusiasmi), la patata era ottima, il purè era immangiabile e la marmellata semplicemente era qualcosa di sbagliato da mettere nel piatto. Tra l’altro quest’ultima non se la sono mangiata neanche i norvegesi, quindi non mi sono sentito unico al tavolo.

Dopo il suntuoso pasto, sono arrivati i dolci, qui c’è stato un ampio riscatto. Gelatone enorme alla vaniglia, fatto in casa, con delle bacche arancioni mai viste ma molto buone perchè solo leggermente dolci. Torta di cioccolata con la panna montata. Biscottini da caffè al marzapane molto delicato. Omettini di gelatina. Una tipica cialda australiana con un nome impronunciabile ma buonissima. Evvai!

Se questo pranzo/cena fosse stato in Italia, credo che mi avrebbero offerto tutti i piatti a turno tra le dodici e le sedici volte, mi avrebbero chiesto se mi piaceva molto o moltissimo, se ne volevo ancora oppure molto di più e cose del genere. Niente di tutto questo è successo. Queste persone non erano affatto interessate a ingozzarmi, erano molto più contente di sentirci parlare di stupidaggini più o meno tutto il tempo.

Come ho detto ad Abresia, è stata una serata passata “in famiglia”, è stato davvero molto bello. Il cibo alla fine si sa che non è il forte della Norvegia. Ma almeno non ti ossessionano insistendo fino alla morte come succede spesso e volentieri da noi. Certo forse sono molto meno calorosi, però non si fanno un sacco di sciocchi problemi.

Saluti speciali a Giorgione per il bellissimo weekend domestico.

Buon Natale a tutti!

febbraio 20, 2009

Salve a tutti, un Buon Natale a tutti!

Come, Buon Natale, direte voi? E’ semplice, in uno sforzo di riduzione del costo, abbiamo posposto il party aziendale di natale al 13 Febbraio. Certo, non è proprio il massimo della natalizietà (mi si passi il neologismo), però in questi tempi di ristrettezze economiche, paesi poverissimi come la Norvegia devono tirare la cinghia. Non vorrete mica che il fondo pensionistico più grande del mondo venga in qualche modo intaccato dal cenone di Natale, vero?

Tralasciando l’umorismo economico, parliamo un po’ della festa. Qualche giorno prima del ricco festino tutta la compagnia riceve una email dall’ufficio personale con il LUSSUOSO menu e il dress code: formale. Il menu è appetitosissimo, come primo un intingolo di anatra e gamberi con maionese alla caienna. La portata principale sarà un filetto di pecora (però rigorosamente dell’ovest norvegese, non scherziamo) con patate bollite condite con salsa di menta. Per dessert, un gelato alle bacche condito con un sorbetto… con delle altre bacche e una cialda piena di crema… fatta con un terzo tipo di bacche.

Quindi abbiamo una serata formale, che i norvegesi so trasformeranno in una colossale ubriacatura, con un menu da voltastomaco. Il luogo quantomeno è rispettabilissimo, è il Grand Hotel sulla strada principale della città, l’albergo più bello, importante e costoso di tutti.

Nonostante la mia iniziale reticenza a partecipare, dopo un paio di giorni è arrivata in e-mail la lista dei partecipanti: praticamente TUTTA la compagnia tranne veramente una decina di persone. Mi sembrava davvero di fare una malafigura a non andare, specie ora che sono Lead, perciò ho fatto un po’ di moine a Jo che con il suo sorrisone british mi ha detto che lei tanto i Lead li aveva già tutti contati e che quindi non c’era nessun problema. Grande Jo.

Venerdi è il giorno del grande party di Natale, finiamo di lavorare una volta tanto intorno alle 17 (raramente mi capita, devo dire, di uscire puntuale dall’ufficio), passo da casa per cambiarmi e mi avvio verso il centro. Il primo problema da affrontare è quello del guardaroba, qua in Norvegia figuriamoci se mi sono portato una giacca, qua si cominciano come gli zoticoni anche in banca, sicuramente non sarà un problema, maglione e via.

Raggiungo il centro con grande puntualità e scorgo fuori dall’albergo alcuni colleghi intenti a fumare, molti sono in giacca, quasi nessuno ha la cravatta. Su questo apro una breve parentesi. Come mi dirà Giorgione l’Australiano più tardi, tutti i norvegesi hanno nell’armadio una giacca per la festa di natale, è una cosa tradizionale, è l’unico momento in cui la usano. Ciò su cui però mi piace soffermarmi, è la capacità tutta norvegese di essere pacchianissimi anche vendendosi “eleganti”. Avete presente quelle orribili giacche economiche da cantante scalcinato da matrimonio? Quella con tutte le cuciture in vista? Non credo di averne mai viste così tante, insieme a giacche gessate che non sfigurerebbero in un film sulla mafia in america. Imperdibile.

Fuori dall’albergo incontro Spilla (solito cover up dei nomi), la nostra capo traduttrice franco-alsaziana, una ragazza di beltà non proprio imbattibile ma di una simpatia e una affabilità veramente eccezionale. Purtroppo la neo aggiunta americo-iraniana quella sera era ammalata, quindi niente risate italo-iraniane. Di comune accordo poichè conosciamo i norvegesi, decidiamo di farci compagnia a vicenda.

L’albergo è sontuoso, di grande raffinatezza, interni in legno, poltrone imbottite, specchi, lampadari, tappeti, siamo in un posto di classe. C’è un qualcosa di nordeuropeo nello stile generale del luogo, in puro stile cosiddetto Gustaviano, senz’altro è molto piacevole. Lasciamo gli ingombranti giacconi nel guardaroba sotto lo sguardo divertito dello staff che probabilmente si aspetta gente realmente elegante e non un gruppo di nerd con giacche spaventose oppure francesi vestite come Amelie. Personalmente il mio maglione non sfigura affatto.

Ci accomodiamo nella zona salotto antistante l’enorme sala da banchetto che abbiamo noleggiato. Ci viene servita dell’acqua gialla frizzante leggermente dolce passata per Champagne (inserire risate del team francese qui) mentre ci accomodiamo in questa serie di salottini devo dire deliziosi. Dipinti dei vari Re di Norvegia ci osservano severi… ma va là, sto soltando usando una frase fatta, i ritratti dei Re ci sono, ma sono dei Re norvegesi, quindi a loro non interessa guardarti in maniera severa, stanno senz’altro pensando a qual è il locale più economico dove ubriacarsi, in modo da poterlo tassare per benino.

Non facciamo in tempo a metterci comodi che veniamo chiamati nella grande sala delle feste. Una enorme mandria di bufali si precipita nella sala, affamata come non mai. L’atmosfera era francamente surreale, non ho mai visto così tante persone fuori posto nella mia vita. Nella sala sono distribuiti numerosi tavoli circolari: è indispensabile, per passare una buona serata, finire in un tavolo con una buona compagnia. Io e Spilla, insieme a Tommsaeo l’Olandese, Giorgione l’Australiano e Romino il Francesino, decidiamo di prendere un tavolo d’angolo e lo battezziamo immediatamente: sarà il Tavolo Stupido. Siamo i più lontani di tutti dai tavoli dei manager, possiamo fare i cretini quanto vogliamo, siamo in un angolo dopo tutto!

Poichè però fare i cretini è un’arte, tengo a precisare che non ci siamo macchiati da nessun eccesso, semplicemente ci piaceva commentare liberamente tutto quello che sentivamo. Mai scelta fu più accurata.

La serata vera e propria comincia con il discorso del Mega Presidente Totale Spaziale. Purtroppo non posso entrare molto nello specifico per questioni corporative, tuttavia vi posso dire questo: che cosa succede quando paragoni i successi e i fallimenti della tua compagnia a quando tu da giovane frequentavi delle gang violente di giamaicani o giovani miliardari annoiati che ti proponevano cocaina e prostitute?

Ve lo dico io che cosa succede, si CONGELA la sala. Avete presente quei momenti molto imbarazzanti quando si finisce un discorso e non vola più una mosca ma si sente solo qualcuno che accenna qualche finto colpo di tosse giusto per riempire il vuoto? Sto parlando di QUEI momenti. Immagino ce lo ricorderemo sempre.

Arriva alfine il suntuoso pasto, facciamo una rapidissima recensione. L’antipasto di anatra e gamberi, nonostante l’accoppiata coraggiosa, era molto buono. Il primo, un filetto di agnello leggermente scottato (come chi mi conosce bene sa, io mi rifiuto di mangiare carne cruda, tuttavia la fame era mostruosa, non potevo stare a digiuno), era buono ma veramente ordinario. Il dessert era decisamente una schifezza, una collezione di Randomberries dal sapore discutibile che diventavano accettabili solo facendo un enorme mischione.

Verdetto finale firmato da me e Spilla: per gli standard norvegesi un ottimo pasto. Per gli standard non norvegesi, un risultato piuttosto mediocre per quello che in teoria è uno dei ristoranti migliori di tutta la città.

Dopo cena arriva il Cognac e si aprono le danze (a cui non partecipo, rigorosamente). Il problema del dopocena è che si avvera ciò che io e la mia simpatica compagna temporanea avevamo preventivato: la ciuccheria più totale e generalizzata. Nulla ha fermato la mandria di bisonti alcolisti, neppure le birre pessime a 50 NOK e i cocktail a 100 NOK. Il party è cominciato alle 19.00 precise, abbiamo finito di mangiare alle 20.00 circa. Alle 22.00, c’erano SOLO due persone non ubriache in tutto il gruppo, io e Spilla.

Non posso dire che sia stata una serata sgradevole, gli ubriachi marci erano concentrati tutti nella zona del ballo, mentre io e Spilla siamo rimasti appartati gran parte del tempo nel salottino facendoci una marea di risate alle spalle dei norvegesi (fatevi raccontare da me medesimo come funziona il telefono erotico norvegese, risate imperdibili). Devo dire che se non ci fosse stata lei (e io per lei, mi ha detto poi), credo che mi sarei fatto un po’ due scatole così. Invece è stata una bella serata.

Buon Natale a tutti! 😀

Commento l’ultimo misterioso messaggio del blog. Ci sono certe persone che scambiano il mio essere cortese o amichevole per chissà che cosa e sulla base o di malignità o di chissà quali strani calcoli poi cominciano a dire stupidaggini. Fossi in voi, eviterei. Chi doveva capire, ha capito.

La mutua norvegese

gennaio 10, 2009

Sono tornato da neanche una settimana e già mi sono ammalato. Mercoledi ho passato la notte in bianco, tremando come una foglia. Alle cinque del mattino (si fa per dire, alle 5 è buio totale) ho scritto al mio capo dicendo che non ero assolutamente in condizione di andare al lavoro e ho cominciato a ponderare sul da farsi.

La situazione non sembrava particolarmente rosea, qualche linea di febbre, una notte in bianco e un mal di gola mostruoso. Pensando già al peggio, ovvero passare alcuni giorni a casa con 39 di febbre da solo, mi sono informato su come funzionano i certificati di malattia in norvegia.

Ogni lavoratore (quindi pressochè chiunque) viene assegnato a un medico dalla NAV, il già citato ente onnisciente del lavoro. L’utilizzo di questo medico è del tutto gratuito ed è questa persona che ti emette il certificato di malattia, una sorta di cedola che resta metà al lavoratore e metà va all’ufficio di contabilità dell’azienda per la quale lavori. Il certificato può essere ottenuto anche andando al Pronto Soccorso di un qualsiasi ospedale, ma non pensavo di essere COSI’ grave.

Il sistema funziona molto bene, non ha ticket nè nulla, tuttavia c’è un piccolo problemino che per chi vive da solo può essere un impedimento non da ridere. Il medico della mutua NON si muove dal suo ambulatorio, se non in casi gravissimi (“Dottore, ho la FEBBRA!”). Hai 39 di febbre, non puoi andare a lavorare e hai già passato 3 giorni a casa (il massimo consentito)? Caro mio, esci e vai dal tuo bravo medico che non avrà problemi a emetterti il certificato, sempre se ci arrivi vivo.

E’ sempre lui, il principio della buona volontà: il diritto al medico ce l’hai, ma se ne hai bisogno ci devi andare tu.

Saluti di oggi a Cathrine che è stata solertissima a fornirmi le informazioni necessarie.

Salve caro cliente, si è sbagliato?

gennaio 7, 2009

Questa è una storia che rafforza gli stereotipi sui livelli di servizio della norvegia. Ecco l’antefatto.

Quando ho richiesto le ferie estive di agosto, ovvero a giugno, mi sono reso conto che non potevo girare chissà dove con soltanto un bancomat norvegese. Mi sono quindi recato alla mia amichevole banca, la DNBNor (è la più grande della norvegia), felice del fatto che tutti i servizi sono garantiti anche in inglese. DNBNor non è la banca migliore di tutte in termini di convenienza economica, tuttavia è l’unica che offre servizi completi anche in inglese, il che per uno straniero tutto sommato è comodo. Le differenze economiche tra l’altro ammontano a cifre ridicole per la quantità di capitale che ho qui in Norvegia, quindi non sono stato particolarmente schizzinoso.

Recatomi presso la filiale locale della banca e memore dei circa 40 giorni per ottenere una VISA necessari in Italia, sono andato a richiedere una carta di credito. Mortificata, l’impiegata di turno mi dice che non mi può emettere una MasterCard ma che mi devo accontentare di una VISA con un tetto mensile sostanzioso. Mi ricordo ancora che me lo ha detto come se fosse una cosa bruttissima, era davvero desolata. Io alla MasterCard non ci stavo neanche pensando e sono perfettamente contento di possedere una VISA quindi accetto con grazia.

“Quando posso aspettarmi di ricevere la carta?”

“Lei quando deve partire?”

“Il primo agosto.”

“Ah si, bè dunque… diciamo martedi prossimo dovrebbe averla” (ora corrente: venerdi, 12.00, ero in pausa pranzo)

Sono uscito sghignazzando per la solerzia, ed effettivamente lunedi mi è arrivata la prima lettera con il PIN e martedi c’era la carta di credito nella cassetta delle lettere. Wow, che servizio!

Questo l’antefatto. Veniamo al dunque. Qualche giorno fa mi è arrivato il consuntivo di fine anno della banca. Nelle varie voci ho notato due addebiti della VISA. Mi è venuto quindi un orrendo dubbio. Non è che per caso sto pagando per la carta bancomat e per la carta di credito che funge ANCHE da bancomat?

Stiamo parlando ovviamente di canoni bassissimi, qualcosa come 100 NOK l’anno, però pagare per una cosa che non uso mi infastidisce, quindi mi sono recato alla banca oggi, chiedendo se per caso sto effettivamente pagando per tutte e due le carte.

Una solerte impiegata con una buffa camicetta con DNBNor ricamato dappertutto mi informa che effettivamente sto pagando per entrambi i servizi. Le spiego quindi che io a giugno ho chiesto una carta di credito e che da allora uso solo quella, dato che funziona anche da carta di debito.

Qui avviene qualche cosa che veramente non mi aspettavo. Invece di ridermi in faccia e sostanzialmente invitarmi a stare più attento ai miei soldi e a cosa faccio col mio conto, la cortese impiegata è andata a informarsi che effettivamente pagassi due volte lo stesso servizio. Accertato questo mi ha detto senza alcun problema che avrebbe proceduto ad annullare la carta immediatamente e a rimborsarmi del canone ingiustamente versato.

Dopo circa cinque minuti sono uscito con la ricevuta in tasca che testimonia il versamento a mio favore e dopo qualche ora ho ricevuto l’email di conferma per l’avvenuto versamento.

Commento tutto questo con una sola parola: Parmalat? 😀

Chiudo il post di oggi rispettando una promessa fatta a Ido.

Highlight politico delle vacanze di dicembre: Clemerdo Merdella che piange perchè è stato messo in croce mentre il figlio di Di Pietro no. Il fatto che lui rappresenti l’italia più clientelare, bigotta, ignorante, cafona, opportunista e scansafatiche è una differenza che evidentemente non ha considerato. Vai così Clemerdo, facci sognare :D.